«Mica penserete davvero che la Fiorentina è in crisi? Ha perso le ultime gare, ma la squadra di Montella gioca sempre il calcio più bello del nostro campionato». Eraldo Pecci con i viola ha giocato per quattro stagioni. Poi è passato al Napoli (1985-1986) dove rimase un solo campionato.
Pecci, oggi al Franchi ci sarà da divertirsi?
«Si affrontano due delle formazioni più spettacolari, due filosofie di gioco molto diverse tra di loro. Due squadre che, sia pure in maniera differente, amano soprattutto attaccare».
Cose le piace di più di Fiorentina-Napoli?
«La sfida del giovane Montella all’esperto Mazzarri. Sono curioso di vedere come hanno preparato la partita, come hanno deciso di affrontarsi a centrocampo, dove amo Pizarro perché un tipo che mi somiglia, e quale tipo di attenzione dedicheranno a Jovetic e Cavani».
Sono il Matador e Jo-Jo le due stelle?
«Due grandissimi giocatori. O meglio, un grandissimo contro uno che ha tutti i mezzi, le potenzialità e l’agonismo per poterlo diventare».
Superfluo chiederle chi dei due è il grandissimo.
«Cavani ha una potenza fisica enorme, è un campione che in Italia non ha rivali. Vincerà la classifica dei cannononieri e mi auguro che sia determinante per la rincorsa alla Juve».
Il Napoli può vincere lo scudetto?
«Se c’è una squadra che non può far dormire sonno tranquilli ai bianconeri quella è il Napoli: gli azzurri hanno ancora qualche piccola pausa di troppo, si concedono ancora troppi cali».
Dunque?
«Dunque, è giusto crederci. Come il Napoli non c’è nessuno. La stessa Fiorentina, per carità grande squadra, con Montella ha ritrovato euforia ed entusiasmo, ma rispetto al Napoli non ha l’esperienza e la maturità di un progetto tecnico iniziato già da qualche anno e che ha anche visto la partecipazione alla Champions. E il calcio premia la continuità».
Intorno a Cavani si può costruire un Napoli da scudetto, come è successo con Maradona?
«Certo che si può. Anche Diego quando arrivò in Italia non trovò subito una squadra competitiva per il vertice. Un po’ alla volta vennero inseriti i tasselli giusti dalla società».
Come sta accadendo adesso con De Laurentiis?
«Per certi versi sì. Cavani non me ne voglia, però, ma lui non è Maradona. Anche perché di Maradona ne nasce uno ogni trecento anni».
Ma decise di andar via proprio sul più bello.
«Arrivai da Firenze convinto da un progetto molto ambizioso: arrivammo terzi e gettammo le basi per lo scudetto che gli azzurri vinsero l’anno successivo. Poi decisi di andar via perché volevo star più vicino ai miei figli e avevo bisogno anche del martedì libero. Ma il Napoli disse di no».
Si sarà mangiato le mani?
«Ma no. Ripensando alla mia carriera il vero rimpianto è stato lo scudetto che ho perso al Torino conquistando 50 punti. La Juve ne fece 51».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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