Liverpool, Rafa, Fabio e il calcio. Il futuro scritto nel passato, il presente che si colora d’azzurro nel nome dei Reds e di un pallone che, all’epoca, nel giorno di una conversazione baciata dalla pioggia e dai Beatles, altro non era che un ponte tra due perfetti sconosciuti. C’era una volta Fabio Pecchia da Lenola, provincia di Frosinone, in Inghilterra. E poi c’erano anche Benitez e la voglia di un giovane allenatore bruciato dal sacro fuoco che si affacciava alla professione: «Vorrei incontrarla» . Detto, fatto e colpo di fulmine. Stima reciproca e una collaborazione quasi annunciata: allenatore Rafa, vice Fabio. Del Napoli. Una costante nella vita di Pecchia.
I SACRIFICI – E allora, tutto pronto per il terzo atto di una vita sportiva che continua a nuotare nel Golfo dopo due parentesi da giocatore e qualche aneddoto. Tipo: correva l’anno 1993, e dopo la C-1 ad Avellino, in estate, Fabio si presentò al ritiro del Napoli di Lippi. Serie A: «Cosa cerchi, ragazzo?» , gli chiese un addetto al campo. «Sono un giocatore della squadra» . Dopo pochi mesi, tutti impararono a memoria volto e nome di quel mediano intelligentissimo e generoso che, a furia di sacrifici e prestazioni doc, arrivò in Under 21, alla fascia di capitano azzurro e alla Juve. Costo dell’operazione, 12 miliardi di lire: «Ah, lei è Pecchia? Molto piacere. Ma non è un po’ bassino per averlo pagato 12 miliardi» . Firmato, l’Avvocato Agnelli.
LA SCINTILLA – Liverpool la Red, la città del primo incontro: Pecchia diventa tecnico e chiede di incontrare Rafa per un confronto. Lo stima, lo ammira, lo segue da sempre e sale su un aereo: scocca la scintilla, si piacciono e il resto è storia di questi giorni e di quelli che verranno. Altri viaggi-aggiornamento: a Barcellona, da Pochettino all’Espanol (una settimana), e a Madrid, a seguire e carpire i segreti del mondo Real e Atletico.
IL PERSONAGGIO – Nell’ambiente lo conoscono come l’avvocato, essendo laureato in giurisprudenza, ma anche come un cultore del lavoro: allenamento alle 11? Lui va al campo alle 9. Da giocatore, a Soccavo, rimaneva a palleggiare contro il muro per ore a migliorare il sinistro e la tecnica, mentre a Siena, dove il muro non c’era, comprò a sue spese un arnese per l’allenamento tecnico individuale (poi lasciato in eredità al club). Il calcio è la sua vita, il resto è musica: da Pino Daniele ai classici italiani d’autore. Vizio di famiglia: tutti i membri della banda Pecchia, a Lenola, suonano nella banda (musicale) del paese. Suo padre è anche l’anima del calcio locale, per la verità, mentre suo fratello è il tecnico. Con Angela, avvocato e figlia di un diplomatico, condivide l’amore da una vita e tre amori per sempre: le figlie Sophie, Lucrezia e Ludovica (virtuose del violino e del flauto). E Napoli. Of course. Come dicono a Liverpool.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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