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Tutti pazzi per il Napoli. Contro il Sassuolo il San Paolo è tutto esaurito

Va dove ti porta il cuore: e in sessantamila, mossi da irrefrenabile passione, dal richiamo irresistibile, son lentamente (e metaforicamente) incamminati verso il San Paolo. E’ Napoli-Sassuolo, è un «evento» (eh sì) irrinunciabile, è una calamita che trascina, che muove uomini, donne e bambini: è un’onda assolutamente anomala, favorita certo anche dalla politica dei costi dei biglietti (dai sei euro per una curva ai quaranta per la tribuna d’onore) e però scatenata da una città innamorata pazza dello stile-Benitez e dalla cifra tecnica d’una squadra capace di stupire sempre.
L’INVASIONE – In sintesi, fuor d’enfasi e di retorica, è semplicemente Napoli-Sassuolo, manco la più invitante tra le trentotto partite, sulla carta (e soltanto su quella) la sfida impari, il cosiddetto testa-coda che peraltro va in scena nel turno infrasettimanale e che riesce persino ad evitare le difficoltà che crea un mercoledì: ma in quel San Paolo già pieno come un uovo, con piccole scorte di Tribuna Posillipo a disposizione, c’è il clima da «tutto esaurito» e il desiderio di riprendersi il calcio tra le mani e tenerselo stretto. La crisi è internazionale, gli stadi sono – spesso – vuoti, le tv distraggono, l’economia distoglie l’attenzione e attenua la «libido»: Napoli esce dal coro, si infila nel proprio amabile caos e intanto prepara persino la passeggiata su Genova, invitata a quella «grande festa» di Marassi direttamente dal sito del club rossoblù che rievoca «il gemellaggio più bello del mondo».
L’ABBUFFATA – Ma per (ri)cominciare, ce ne saranno sessantamila stasera e trasformeranno la normalità d’un match nell’eccezionalità di un avvenimento, faranno (persino) di Napoli-Sassuolo un cult d’una stagione già viva, sicuramente vibrante e però anche la tappa intermedia d’un percorso lunghissimo e pure un pochino accidentato, con gare che si accavallano e muscoli da tutelare. L’acido lattico è un nemico occulto e c’è bisogno di valutazioni, rimaste intrappolate nella rifinitura: il metodo-Benitez mira a tener tutti sulla corda, senza fornire indicazioni o suggestioni, senza chiudere a nessuno. Però vale ciò che s’è visto a Milano e la stanchezza di Callejon, Insigne e Behrami è un indizio da non sottovalutare. Dunque, si (ri)cambia.
LA «RIVOLUZIONE» – Sold out, direbbero a Londra: ma all’Arsenal si penserà poi (prevendita avviata ieri), perché intanto la rivoluzione è ovunque, sugli spalti – con quei numeri da brividi – e persino in campo, con l’esigenza avvertita da Benitez (e suggerita dal tour de force) di trasformare il Napoli in qualsiasi settore, nessuno escluso. E’ la pura legge del turn-over che viene applicata in difesa, a centrocampo e in attacco, che spinge il tecnico ad evitare a Zuniga persino la convocazione per farlo riposare non soltanto fisicamente ma anche mentalmente e che induce a immaginare una squadra rifatta per metà rispetto a San Siro. Maggio è fuori, al risveglio dell’operazione di stamani a Roma (intervento in artroscopia al ginocchio sinistro) potrà sintonizzarsi sul San Paolo e scoprire ciò che sta per accadere: Reina in porta; Mesto confermato a destra ed Armero inserito a sinistra, con Cannavaro e Britos centrali; in mezzo, contenimento e costruzione sull’asse Dzemaili-Inler; tra le linee: Mertens sicuramente, Hamsik quasi e Pandev pure, con Insigne destinato alla panchina per riposo «attivo»; il terminale, manco a dirlo, è Higuain. Cinque uomini nuovi rispetto alla formazione che s’è incamminata a San Siro: cosa volete che siano, rispetto a sessantamila?

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

G.D.S.

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