A Sorrento, più di qualcuno, lo chiamava Paolino. Così, per comodità ma anche per affetto: perché Paulo Sergio Betanin in arte Paulinho, attaccante del Livorno che proverà a graffiare il Napoli, era uno di loro. Uno di quelli che la gente della Penisola l’ha fatta sognare, innamorare e poi piangere quando, insieme con il braccio, fecero crac anche le speranze di una storica promozione in B. Una storia, però, resta. Regge. E a testimoniarla al San Paolo saranno quegli amici sorrentini in tribuna a tifare per gli azzurri e anche un po’ per lui. Perché chi ama, come diceva un vecchio adagio maradoniano, non dimentica. E neanche Paulinho, oggi attaccante forte e corteggiato, potrà mai dimenticare di essere stato Paolino.
LE ORIGINI – E allora, alle radici del brasiliano con il passaporto italiano che a Livorno ha raccolto con merito eredità pesanti e prestigiose – tipo Lucarelli e Protti – ma che in realtà è diventato punta di diamante a una cinquantina di chilometri dal San Paolo. A Sorrento, perla di una penisola incantata che, nel 2009, dopo cinque anni trascorsi tra Livorno e Grosseto a galleggiare tra promesse non mantenute e un bel po’ di saudade di Caxias do Sul, Stato del Rio Grande do Sul, lo ha adottato e accompagnato per mano verso la consacrazione.
LA TRASFORMAZIONE – Leggere per credere. «Sorrento è il mio Brasile: mi ha cambiato la vita e la carriera». Parola sua. Parole che ripete sempre con il sorriso. Lo stesso che gli illumina il viso quando qualcuno cita Gianni Simonelli, l’allenatore filosofo che da fantasista lo trasformò in attaccante vero. Puro. Spietato. Risposte? Numeri, signori: 15 gol nella prima stagione in Prima Divisione, addirittura 24 nella seconda, con tanto di semifinale playoff persa con il Verona. Un dolore. Soprattutto non averla giocata: Paulinho, infatti, fu costretto a saltarla per una frattura all’avambraccio rimediata con il Sud Tirol, a Bolzano. Freddo polare per il brasiliano.
PERSONE CHIAVE – Smaltita l’amarezza, il salto in B. Ma senza il Sorrento: va a Livorno e comincia un’altra scalata, entusiasmante, con tanto di promozione in A e corte principesca di club italiani – si è parlato anche di Inter e Juve -, e stranieri. «Abbiamo avuto offerte da 10 milioni di euro, ma ho rifiutato», il racconto di Spinelli. E fu proprio lui, il presidente, a spedirlo sul mare della Penisola grazie all’amicizia con Aponte, l’armatore che del Sorrento era main sponsor, in prestito gratuito. La storia racconta anche di altre due persone chiave per la sua carriera: l’ex terzino dal tiro killer, Branco, che lo consigliò a Spinelli, suo patron al Genoa, e poi Ruotolo, che lo caldeggiò al club campano dopo averlo conosciuto a Livorno. «Vi farà divertire», disse Gennarino.
IL SORRENTINO – A dirla, tutta anche Paulinho s’è divertito da quelle parti, ritrovando gioia, passione, gol a grappoli e un figlio: Jann Mattheus, nato a maggio 2011 in Brasile ma, per concepimento, sorrentino doc. La vita? Semplice, da professionista: lo ricordano così. E del resto il suo sogno è «aprire un chiosco di cocco a Florianopolis». Super. Con la sua compagna, Maynara, passeggiava spesso sul corso di Sorrento e poi mangiava il rinomato gelato di Antonio Cafiero, immancabile (gusto: caffè alla nocciola). Qualche cena, la pizza e la passione per le bruschette. Segni particolari? Eroe cittadino: dopo l’infortunio e l’intervento al braccio, un giorno si sparse la voce che Paulinho sarebbe arrivato in piazza Tasso, il cuore di Sorrento, e all’improvviso si radunarono centinaia di persone per accoglierlo da trionfatore: si commosse. Ma era uno di loro.
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
M.V.
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