“Dispiace sia stato infangato il mio nome e quello della mia famiglia per dei messaggi, non ho mai pensato di mandare messaggi per un secondo fine. Lo giuro sui miei figli, io sono una persona corretta, sono sempre stato un esempio per i giovani per la mia professionalità”. È lo sfogo di Emanuele Calaiò innanzi ai giudici della Corte d’appello federale della Figc nell’udienza di 2/o grado sul caso dei messaggini inviati dall’attaccante, condannato in 1/o grado a 2 anni di squalifica, a dei suoi ex compagni di squadra allo Spezia. “Speravo di non dover arrivare a questo punto per difendermi da una cosa che non ho mai fatto – prosegue Calaiò – Vorrei finire la mia carriera come l’ho iniziata, professionalmente, correttamente e con la limpidezza che mi ha sempre contraddistinto. Se avessi voluto alterare una partita, sicuramente non lo avrei fatto con Whatsapp ma da Parma a La Spezia sono un’ora di macchina e sarei andato lì di persona Voglio uscire pulito da questa situazione”.
Fonte: Ansa
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