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Papin: “Napoli-Nizza uno spettacolo, ma gli azzurri sono favoriti”

L'ex pallone d'oro intervistato dal Mattino

Ah, les italiens. «Il Nizza e il Napoli si sono contagiate a vicenda. Nel loro calcio contano la schiuma, le bollicine, tutto quello che profuma di spettacolo. Altro che praticità, cinismo e materialismo». Ah, les italiens. Jean Pierre Papin, francese, Pallone d’Oro nel 1991 (uno dei quattro tra i cugini d’oltralpe a conquistarlo assieme a Kopa, Platini e Zidane), cavaliere della Legione d’Onore, è stato attaccante furbo, velocissimo nel suo opportunismo d’area. Un campione autentico, Monsieur Gol. Anche fuori dal campo. Che ha lasciato per dedicare anima e cuore alla piccola Emilie, la sua bambina nata con una disabilità e per cui JPP ha fondato l’associazione «Neuf de Coeur».
Papin, ma le antiche ruggini tra Italia e Francia?
«Beh, la rivalità c’è sempre. Ma non quella del passato. Dopo aver vinto i Mondiali nel 1998 e l’Europeo del 2000 si è un po’ diluita. Prima era più sentita, anche da noi giocatori».
Che calcio è quello francese adesso?
«È un calcio sempre più importante, affascinante, anche a livello di club: c’è tanta qualità e soprattutto oggi c’è l’impressione che stiano arrivando i giocatori bravi. Una volta andavano via i migliori, ora invece è il contrario».
E il Nizza come si inserisce in questo scenario?
«Il Nizza non va preso sotto gamba: ha giocato il più bel calcio di Francia. Anche migliore del Paris St. Germain e del Monaco. E una squadra che gioca come fa il Barcellona, pur avendo giocatori meno bravi certamente. E che ha piacere ad avere il possesso della palla. È un avversario molto pericoloso, ma credo che questo Sarri lo abbia compreso».
Merito del loro allenatore, Favre?
«Ha fatto le cose giuste. Ha scelto i giocatori uno ad uno, avendo carta bianca dalla sua società ed è riuscito a ripetere da noi quello che aveva fatto in Germania prima a Berlino e poi con il Borussia M’gladbach. In Francia è stato accolto con qualche dubbio, perché non siamo molto abituati ad allenatori così. Invece ora sono tutti innamorati di lui».
Sembra un po’ la storia di Sarri e il Napoli.
«Oggi in pochi in Europa giocano bene come il Napoli che in più del Nizza ha delle individualità straordinarie. Penso a Mertens, per esempio, che in pochi mesi e a 30 anni è riuscito a dimostrare che razza di attaccante è. Mi ha molto colpito il suo boom».
Dal Bordeaux è arrivato Ounas. Che ne pensa?
«Che sono stati bravi a prenderlo. Ha talento, ha personalità e può giocare al posto di Mertens anche come prima punta. E non solo all’esterno. La serie A lo aiuterà a migliorare, come ha fatto con un’intera generazione di calciatori arrivati dal campionato francese».
Forse tanti, da Thuram a Blanc da Desailly a Zidane. Tranne lei.
«Colpa mia: arrivavo dal Marsiglia dove giocavo sempre, anche infortunato, anche se non ero in forma. Al Milan invece eravamo sei attaccanti per tre ruoli. Non compresi la filosofia degli italiani, soffrivo: si fa parte di una squadra anche se non si gioca titolare. Io non l’ho capito, l’ho fatto solo dopo. Ed è il mio rimpianto».
C’è una favorita tra Napoli e Nizza?
«Beh sì. È il Napoli. Perché presi uno a uno non c’è storia: lì ci sono campioni veri, come Callejon, Insigne, Hamsik, abituati a gare di una certa intensità. A Nizza la forza è il collettivo anche se Seri, Plea, Sneijder sono molto bravi. Ma c’è un grande punto debole…».
Ovvero?
«Beh Cardinale, il portiere. È un bravo ragazzo ma fa spesso delle sciocchezze. Contro l’Ajax ha rischiato di rovinare tutto. Il Napoli, invece, ha un numero uno tra i più forti d’Europa…».
L’arma in più del Nizza potrebbe essere Balotelli?
«Ma non solo. Per eliminare il Napoli tutti devono dare il massimo. Altrimenti faccio fatica ad immaginare il Nizza alla fase a gironi della Champions».
Che giudizio dà al SuperMario francese?
«In Costa Azzurra ha disputato una bella stagione, segnato più di 15 gol. Lo aspettavano tutti al varco, pronti a dargli addosso al primo errore, alla prima cavolata. Invece ha mostrato tranquillità e di essere ancora un attaccante che può fare la differenza quando è in forma».
Ma se dico Milik, ricorda Papin?
«In qualche movimento, forse. Ma è più grosso di me».
Come si gestisce la rivalità e la concorrenza tra gli attaccanti?
«Lo chiede alla persona sbagliata perché al Milan non sono stato bravo a farlo, come le dicevo. Però la storia di Mertens e Milik mi fece riflettere».
In che senso?
«Si fa male l’attaccante più forte e questo episodio che può sembrare devastante invece diventa il punto di partenza per diventare ancora più forti: Insigne e Mertens, una volta che si sono liberati del peso di non essere sicuri del posto da titolare, sono diventati spettacolari. Il Napoli ha una squadra che può andare molto lontano anche in Champions. La bravura di Sarri dovrà essere quella di riuscire a gestire quelli che non giocano».
In Italia si dice che il Napoli sia l’anti-Juve. E lei che ne pensa?
«Vincere per sette anni di seguito non è semplice. Io ho vinto con il Marsiglia tanti titoli e alla fine per caricarmi ho dovuto cambiare aria. Il Napoli è forte e può approfittarne. Anche perché è vero che non ha preso molti giocatori, ma si è rinforzato nei posti giusti. Poi magari i bianconeri pensano alla Champions che per me già potevano vincere l’anno scorso e tutto diventa più semplice».
Che serie A si vede dalla Francia?
«Mi sembra un campionato più aperto del passato. Il Milan ha cambiato tanto, magari non sarà subito pronto ma mi pare che si sia mosso bene. La Roma e l’Inter sono molto vicini al Napoli e alla Juve».
Da voi, invece, il Psg vince con due mesi di anticipo?
«Era la stessa cosa anche l’anno scorso poi invece ha vinto il Monaco. C’è il Nizza che può dare fastidio a tutti. Ma non solo: il Marsiglia, il Lione e il Monaco sono squadre combattive. E io aggiungo anche il Lilla perché se hai uno come Bielsa in panchina non sai mai quello che può succedere».
Per Neymar vale la pena di versare 222 milioni?
«Un giocatore raro è caro, un giocatore fantastico è caro, lui è raro e fantastico. Lo aspettiamo. Il sogno a Parigi è vincere la Champions, ma anche al Chelsea facevano le cose più o meno alla stessa maniera, spendendo più o meno allo stesso modo e ci hanno messo 10 anni prima di alzare la coppa».
Chi la diverte vedere giocare?
«Tra le italiane, senza dubbio il Napoli che è tutto il contrario dell’idea che da fuori si ha del calcio italiano. In assoluto, il Madrid di Zidane che ha concretezza e spietatezza. Poi c’è la filosofia del Real: lo zoccolo duro è fatto di giocatori di quel Paese. Non mi piacciono le squadre con 11 stranieri».
Lei era famoso per le Papinade, i gol d’autore. Il suo preferito?
«Il 3-3 di Francia-Belgio a Parigi, nel 92. Perché era una rovesciata difficile da pensare e fare. E io l’ho pensata prima di farla».
Il suo San Paolo?
«0-0 in una partita e l’altra rimasi a Milanello. La vecchia guardia rossonera ricordava gli applausi per una vittoria di qualche anno prima (l’1 maggio 1988, ndr).
Come sta la sua Emilie?
«Va bene. Fa cose che mai avremmo pensato potesse fare visto la sua malattia (è nata con una tetraparesi, ndr). Non ci sono tante soluzioni perché le cose vadano molto meglio. Ma quello che è riuscito a fare, è una grande vittoria».
Avrebbe voluto fare l’allenatore?
«Ci penso ancora. È andato tutto molto veloce, ho vinto un campionato con il Strasburgo. Io non ho ancora smesso di scrivere la mia storia»

Fonte: Il Mattino

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