La caduta degli Dei fa rumore, sempre. Più quegli Dei sono alti, più il rumore della loro caduta è fragoroso. E fa notizia, anzi “fa titolo”, come diciamo nel gergo cronistico di addetti all’informazione. E sta facendo molto rumore la caduta di Fabrizio Miccoli, piccolo grande eroe del calcio palermitano, idolo del Barbera. Le sue foto in compagnia del figlio del boss tifoso rosanero già giravano da tempo. Il “botto” l’ha fatto l’intercettazione di una telefonata – emersa in queste ore – in cui il giocatore concorda con l’amico un appuntamento in un posto che identifica con sotto l’albero di “quel fango di Falcone”. Apriti cielo. Normale (e giusta) la sdegnata reazione popolare, anche se – c’è da scommetterci – Miccoli oltre a quell’amicizia scomoda, ha poco da fare coi veri boss della Cupola. È stata solo un’ingenua, finanche stupida “buffoneria” del giocatore, che s’ingrazia l’amico esprimendosi nel gergo delle cosche. Probabilmente a Miccoli sarebbe bastato avere un po’ di buonsenso, più ancora che di cultura. Buon senso o semplice furberia che non la danno i libri: la si acquisisce naturalmente frequentando la vita, i marciapiedi, gli amici. Spesso il mondo del campione, dell’idolo degli stadi è terreno di raccolta delle passioni di camorra, mafia, ’ndrangheta. Sempre facendo riferimento alle “cose” meridionali ci viene in mente l’antica, celebre frequentazione dei boss di Forcella con Maradona e il vostro cronista evitò per un niente il tranello in agguato. Quando, tanti anni fa, infatti conoscemmo e frequentammo per qualche ora la casa di Carmine Giuliano – ’O Lione, insomma – per preparare e realizzare un’intervista sull’amicizia del Pibe de Oro, sfiorammo il tranello, molto simile a quello in cui Miccoli è caduto; è facile, infatti, essere tentati di girare a proprio favore quello scomodo rapporto. Insomma, l’idea è che se hai anche solo un problema personale che ti angoscia, una piccola vicenda privata, credi di poterla risolvere grazie al solo interessamento del fresco e potente “amico”, magari anche con solo una sua telefonata. L’ingenua tentazione è quella, inciamparci è un attimo: credere di essere più forte grazie a lui. Forse quell’eventuale tua preoccupazione dopo sarebbe svanita, ma le conseguenze? Insomma: come e per quanto tempo avresti rischiato di pagarla? Ecco l’ingenuità di Miccoli. Pur presupponendo – anzi dando quasi per scontata – la “non mafiosità” dell’attaccante siciliano, l’opinione pubblica e il Palazzo sportivo (intendiamo Coni, Figc, Lega Calcio) ora potrebbero squalificarlo a vita, radiarlo. Bruciargli quel che resta della sua carriera. Questione di ingenuità più ancora che della scontata poca cultura, Fabrizio Miccoli insomma rischia fortemente di pagare il volersi “far bello” dell’amicizia potente. Interesse che è reciproco, anche il figlio – o il boss stesso – esibirebbe infatti le foto, vantandosene con amici e parenti. «Visto chi è amico mio? Farebbe tutto per me». Tutto. Leggi un gol o una staffilata nel sette, magari da fuori area. Ma il discorso qui si fa spinoso, meglio evitare le staffilate…
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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