Un crack che ha il chiaro sapore dell’abdicazione e, insieme, della conseguente accelerata per l’investitura nerazzurra di ‘El Nino’ Maurito Icardi, piccolo-grande progetto del nostro calcio, alla cui succitata investitura nell’Inter la cronaca ha imposto uno sprint: Il crack è quello doloroso del Principe Milito, da giovedì sera col ginocchio in frantumi per il terribile infortunio in Champions, la conseguenza (forzata fino a un certo punto) è la definizione degli ultimi tasselli di una trattativa, che era già di fatto conclusa, per l’approdo in nerazzurro del ‘nino’, appunto. Luglio non è certo domani, ma prima non è più possibile depositare il contratto in Lega: il club di Massimo Moratti il giorno dopo il Milito-crack insomma è là che si morde le mani per aver perso tempo nella definizione della trattativa per portarlo a Milano nel mercato di gennaio. Cosicché il centravanti, sul quale il Napoli è stato bruciato in volata nello sprint finale, arriva solo a luglio. L’operazione si è chiusa per una cifra attorno ai 15-16 milioni di euro più premi vari.
Mauro Emanuel Icardi Rivero è mezzo italiano (i genitori sono piemontesi) ma nonostante sia corteggiato da mezzo mondo, Prandelli in testa, è argentino ‘dentro’. Vuole insomma la nazionale di Sabella e al ct azzurro e alla cittadinanza italiana per ora ha detto di no. Lasciando aperto uno spiraglio (“non si può mai sapere…”). L’attaccante doriano e dell’Argentina Under-20, soprannominato in patria El Niño del partido, è migrante di ritorno e domani ha insomma in serbo un bocconcino amaro per il San Paolo, mettendo un altro po’ di amaro nel piatto azzurro, già indigesto di per sé dopo il Viktoria Plzen. La riconoscenza proprio non sa cosa sia.
A Mazzarri, che già ha il morale sotto i tacchi dopo la figuraccia in Europa League, tocca preparargli una gabbia speciale, e con un lucchetto assai solido, che non sia mai il ragazzino riesce a scardinarla e a zampettare fresco e irriverente in quella retroguardia polentona (almeno quella vista in Europa due giorni fa), allora rischia di far molto male alla band partenopea. E la beffa per il mancato ingaggio sarebbe doppia. Verrebbe da dire ‘meglio non pensarci’, invece no, il Napoli ci pensi molto e bene. Il tempo c’è: il figliuol prodigo di gol per gli altri – oggi la Doria, domani la Beneamata – va trattato non con i guanti, bensì con le manette, ai piedi.
Abbiamo sondato il terreno della Casa Reale dello sport italiano in vista della grande votazione di martedì, che sancirà la scelta del presidente del Coni, insomma la prima poltrona dello sport del Belpaese. per il futuro. I candidati sono due: Raffaele Pagnozzi, da 14 anni segretario generale-CONI e Giovanni Malagò, quasi 54enne attualmente presidente del Circolo Aniene, organizzatore dei Mondiali di nuoto di Roma 2009. Le voci di dentro danno il testa-a-testa ancora incerto. Ma abbiamo un’idea precisa: chi gioca in casa, Pagnozzi insomma, dovrebbe con tutta probabilità strappare i 39 voti (sui 76 votanti,i presidenti di federazione) necessari per la fumata bianca. E il CONI assunse a Vaticano sportivo.
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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