Raggiunto e superato Panzanato, ora Paoluccio Cannavaro insegue Buscaglia che negli anni Trenta fu protagonista azzurro. Carlo Buscaglia. Un torinese tosto e appassionato che giocava da centrocampista ma che s’adattava a tutto. Tant’è che una volta sostituì tra i pali addirittura il mitico Cavanna, campione del mondo del 1934 e zio di Silvio Piola. 272 le sue presenze in maglia azzurra; 268, invece e per il momento, quelle di Cannavaro che per fine stagione punta a diventare il sesto napoletano d’ogni tempo. Profumo di nuovi record, insomma, per il capitano che a trentadue anni guarda avanti e pensa in grande. Del resto, lui nella storia azzurra già ci sta. Però? però gli manca una vittoria, un successo, un trofeo importante. Più importante di quella Coppa Italia che sollevò al cielo un anno fa. Perché poi, alla fine, nel calcio sei quello che vinci, quello che porti a casa per la gioia tua, del club, della città. E lui, Paolo Cannavaro, sa quello che vuole. Anzi, quello che vuole essere in questo mondo del pallone in cui i valori si misurano in milioni e vanità da star. Per lui non è così. Paolo Cannavaro, moglie, figli e tutto casa e campo, non lo nasconde ed è pronto a scriverlo a mo’ di antico ultrà pure sui muri del San Paolo decrepito e indecente: «Voglio essere per i Napoli ciò che è Totti per la Roma: la bandiera» . Progetto niente male. Ma anche un’ambizione onesta, lecita, possibile per chi come lui guarda a gente come Juliano e Bruscolotti, modelli d’attaccamento certo alla maglia azzurra. Del resto pure lui è nato e cresciuto là, tra i baby. Del resto pure lui, grazie all’occhio lungo e competente di Enzo Montefusco, ha esordito in prima squadra quando era solo poco più d’un ragazzino. Era il ’99 e il campionato era quello di serie B. Lo stesso in cui era il Napoli quando dopo gli anni di Parma decise di tornare. Lasciò la A sicura e tranquilla e si ributtò di getto, d’istinto in serie B, però con la squadra per la quale ha fatto sempre il tifo.
BANDIERA – Una scelta di cuore e di passione che l’ha portato a diventare il capitano, il riferimento della squadra. Una favola bella? Sì, non v’è dubbio, ma la sua favola azzurra ha avuto pure giorni amari. Almeno due. Il 16 maggio del 2009, quando scaraventò il pallone sugli spalti per ribellarsi ai fischi ingenerosi della gente e il 18 dicembre di due anni dopo, quando ingiustamente si vide squalificare per sei mesi per una storia di scommesse poi smentita dalla corte federale un mese dopo. Cose, momentacci che avrebbero steso chissà quanti calciatori, ma non lui che ogni volta ha saputo combattere, reagire, ricominciare, riconquistare l’affetto e la stima della gente. Uno di carattere, insomma. Uno che ha raggiunto gli obiettivi che voleva. Tranne uno. L’azzurro della Nazionale. Una volta e via. Troppo poco per restare soddisfatto. E certo Prandelli, spettatore domenica a Milano, non gli ha mai lasciato neppure uno spiraglio per provarci ancora. E allora? E allora Cannavaro ha gonfiato il petto ed è andato per la sua strada un’altra volta. “Vai col Napoli” , s’è detto chissà quante volte. E se lo ripete ancora Cannavaro, protagonista d’un Napoli che cerca la conferma del secondo posto e il ritorno in Champions dal portone principale. Già ma con chi in panchina? Nessun dubbio. Perché Paolo Cannavaro è un grande elettore di Mazzarri.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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