Le voci da dentro, stavolta. E poi il tanfo della vigilia, lo stress da prestazione, la sana paura d’un intervento complicato, lo stress per il risultato, il sogno della vittoria, il timore d’una occasione perduta, la felicità d’un trionfo che vale il secondo posto in solitudine – e dunque la Champions – e introduce alla “Vecchia Signora”. Il tunnel è ormai un cono d’ombra della propria esistenza, un mese vissuto tra le fiamme dell’inferno: però la luce, ora, è abbagliante e quel Paolo Cannavaro che se la gode tutta, preferisce persino chiudere gli occhi e non guardare. «Il campionato è lungo, è lunghissimo siamo appena alla terza del girone di ritorno ed è superfluo chiederci se con questa vittoria l’abbiamo riaperto: non è né riaperto, né è chiuso. Non è mai stato nulla». E’ stato un incubo ed ora è l’estasi, è un viaggio nei propri pensieri sparsi riafferrati nel verso giusto: e mentre l’aereo decolla e riconduce a casa, ciò ch’emerge da Parma è quella macchia azzurra che lo chiama a gran voce, l’invocazione perenne, gli ohh d’ammirazione e il coro finale da brividi che Cannavaro sente ancora nel testone. «Che tifosi che abbiamo. E che squadra che siamo. Però questa vittoria è della nostra gente: io non so neppure quanti fossero, so soltanto che mi sembrava di essere al san Paolo. Era come se giocassimo in casa. E dunque hanno meritato questo successo. Il loro sostegno è stato fantastico, ci sono stati al fianco dall’inizio alla fine, pure quando eravamo in momentanea difficoltà».
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