A bordo di una Ferrari rossa, fiammante e affascinante, Paolo Cannavaro ha varcato il cancello di Castelvolturno e poi ha strizzato l’occhio al mondo come solo lui sa fare. Con quel sorriso da innamorato della vita. Da innamorato di Napoli e del Napoli: che poi sono la sua vita, figuriamoci. La Ferrari, dicevamo. Di proprietà di Fabio e che ieri ha fatto da carrozza al principe azzurro, cioè al capitano azzurro che sta scalando le classifiche degli alfieri del club. Numeri e statistiche belle da leggere, sì, ma il cuore è un’altra cosa: Del Piero, Totti, Zanetti, Cannavaro. Stop. Sì, lui fa parte del poker di bandiere italiane. Dei totem. Di gente che ama la maglia alla follia e che a un certo punto della vita ha deciso di chiudere portafogli e porte a tutti, ricchi e ricchissimi, per sognare ad occhi aperti in un solo posto del mondo. «Napoli è tutto per me» . E non è in vendita.
NAPOLI SUO – E allora, salve a lei capitano. Trascinatore in campo e giocatore vero; professionista e leader; ragazzo umile e gentile. E attore comico, sì: la vena ironica, la spontaneità e la mimica di Paolo detto Paolino o Paoluccio, alla napoletana di altri tempi, a volte sembrano quasi coltivate alla scuola dei Troisi e degli Arena. A calcio, però, gioca meglio. E anzi con il City ha dimostrato ancora una volta quanto meriterebbe la sospirata Nazionale: «Non mi sono rassegnato, spero sempre che un giorno arrivi. Per ora, comunque, penso solo a fare bene con il mio Napoli» . Mio. Suo. Altro da aggiungere?
I RICCHI – Beh, ai microfoni di Radio Marte ne ha dette di cose: «Con il Manchester abbiamo disputato una grande partita, siamo felici. E non credo che il City abbia subìto gol stupidi: la vittoria non è stata frutto delle loro ingenuità, ma della nostra forza. Abbiamo giocato con una velocità impressionante per 90 minuti, senza mai mollare, e in difesa siamo stati praticamente perfetti. Anzi, la squadra è stata tatticamente perfetta» . E la favola s’è scritta da sola. Con tanto di morale: «Non è detto che vince tutto chi spende di più. Il calcio non è una scienza esatta, e alla lunga un progetto ben definito può essere il top».
IL VILLARREAL – Come Mazzarri. «Elogiarlo è il minimo, ma ora torniamo tutti con i piedi per terra: godiamoci la vittoria senza esaltarci troppo. Per qualificarci dobbiamo ancora battere il Villarreal, e sia chiaro: non faranno sconti o regali. Come il Bayern non li farà al City. Sono convinto» .
LUCIO – Cannavaro sa bene cosa significhi conquistare tutto senza passare dai regali: perché, siamo sinceri, Napoli non gli ha mai fatto sconti. Mai. Neanche una volta. Lo ha contestato, ingenerosamente. Lo ha fischiato. E poi ha saputo fare ammenda: «Il mio ruolo è un po’ particolare, qualche critica ci può stare» . Pace fatta da un bel po’, insomma, con applausi e ovazioni a ogni intervento preciso, impeccabile o addirittura provvidenziale. Come quello su Dzeko: «Una sorta di mossa di karate» . Acrobatico. Come il miglior Lucio, che è stato il primo soprannome affibbiatogli dall’amico Montervino nell’anno della B. Era il 2006, e da allora di strada ne ha fatta: la sua Napoli parte seconda, dopo il vivaio e 2 presenze in B nella stagione 1998-1999, è cominciata quell’anno, e oggi è un mondo meraviglioso fatto di semplicità, passeggiate e pizze con gli amici Angelo Vita, Aronica e Maggio, e famiglia: «Ora abbiamo anche un pastore tedesco che si chiama Mas» . Acronimo che richiama i tre figli: Manuel, Adrian e Sofia.
LA BIMBA – Figlia desiderata come mai, dopo due giovanotti, e nata, diciamo così, a sorpresa: perché sua moglie Cristina lo prese in giro per tutta la gravidanza facendogli credere che il terzo figlio sarebbe stato un altro maschio. Sofia, tra l’altro, scelse una domenica di novembre (2011) per venire al mondo, dopo Napoli-Samp:il 91′, Paolo si mise a correre come un pazzo verso l’uscita del San Paolo e poi saltò su una moto della polizia in borghese per raggiungere la clinica. Come in un film. Una delle più belle scene del suo film azzurro.
IL CAMPIONATO – Flashback e ritorno al futuro: «Accantoniamo la Champions e pensiamo al campionato: l’Atalanta è un’ottima squadra e sta vivendo uno splendido momento. Come Denis: ha forza e fiuto del gol, speriamo che si prenda una pausa» . Poi, la Juve. La partita dell’anno per un tifoso come lui: «Questa è una partita sempre piena di tensioni, sentita come mai, e onestamente certe dichiarazioni non aiutano» . Le polemiche del rinvio, intende. «Per quanto mi riguarda non hanno avuto alcun peso, e tra l’altro io avrei fatto lo stesso al posto delle autorità» .
LE FASCE – Carico a mille, Cannavaro. E non sembri strano che senta così la sfida con i bianconeri: bisogna ripetersi, lui è un tifoso azzurro fino al midollo prima di essere il capitano. E prima di quella fascia, ce n’è un’altra da raccontare: dicono che, il giorno dopo Genoa-Napoli e la promozione in A, Cannavaro abbia indossato una fascetta azzurra in testa e due o tre sciarpe del Napoli, tra il collo e i polsi, e abbia cantato per 24 ore ogni coro possibile. Poi, qualche mese dopo, è arrivata la fascia di capitano che esibisce ininterrottamente dal 2007.
STADIO E CAFFE’ – «Il giorno di Marassi, della promozione, è indimenticabile: la favola è cominciata così. Ma il pubblico e il San Paolo hanno regalato tante scene favolose: con il City non sapevo dove guardare… Che spettacolo, resto ancora a bocca aperta dopo tanti anni. E che energia infinita. Uno dei guardalinee mi ha detto: “Siete pazzi a giocare qua!”» . Napoletano nel sangue, Paolo. Unico difetto? «Non bevo caffè. Sarò l’unico in città» . Ammonito. Ma non era diffidato.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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