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Paolo Cannavaro: “Esco da un vero incubo”

Il capitano azzurro: "Ormai la squadra ha una sua identità"

L’inferno è alle spalle, ormai. Dopo quaranta giorni di penitenza ed astinenza da calcio giocato, Paolo Cannavaro potrebbe riprendere il suo posto al centro della difesa. E cosa gli riserva il destino? Parma e il Parma, una città che lo adottò quando era ancora un ragazzo ed una società che l’ha saputo svezzare grazie ai consigli del fratello Fabio e di Lilian Thuram. «A Parma ho debuttato in A che avevo appena diciannove anni e tranne una parentesi a Verona ho sempre giocato lì dove ho legato con tante persone, una di queste è Mutu. Finché non è arrivata la chiamata del Napoli che era in B. Ma quel mio ritorno fu dettato da amore vero e dalla credibilità del progetto. Lo rifarei altre centomila volte».  Ma il ricordo di quei giorni infernali, vissuti appesi ad una squalifica interminabile quanto ingiusta, è ancora vivo nei suoi pensieri. «Ho sempre pensato che quell’ingiustizia non dovesse capitare proprio a me – racconta ai microfoni di radio Marte – Sono stati giorni terribili. Come se avessi voluto gridare al mondo intero la mia indignazione e nessuno mi ascoltava. La giustizia sportiva è da rivedere, ho passato momenti davvero brutti. Ma ora sono contento di tornare a disposizione dell’allenatore. La mia vittoria è che io e Gianluca (Grava) siamo usciti con la coscienza a posto da questa storia. Possiamo camminare a testa alta». 

IL RACCONTO – Rivela quale fu la sua reazione nell’apprendere la notizia dell’assoluzione piena: «Tutti mi dicevano di stare tranquillo ma non volli parlare neanche con i miei avvocati. Mi isolai in casa, cominciai a guardare un film insieme con mia moglie e mio figlio. Ad un certo punto azionai il telecomando e su Sky apparve la notizia che eravamo stati assolti. Scoppiai in un pianto liberatorio. Non saprei quante persone ringraziare. Non ho mai voluto sentire la parola, patteggiamento ed è stato meglio così» .  In questo mese e mezzo di stop forzato, Cannavaro e Grava si sono allenati regolarmente, hanno cercato di non trasmettere la loro preoccupazione nello spogliatoio ed hanno visto il Napoli centrare quattro risultati utili di fila: «Abbiamo cercato di non far pesare la nostra situazione sui compagni. La squadra si è comportata benissimo. Ha acquistato una sua identità ed a Firenze ha dimostrato di poter far sua la partita in qualsiasi momento. Se la Fiorentina ci temeva tanto, vuol dire che abbiamo qualcosa e noi questo qualcosa lo dobbiamo trasmettere sul campo in convinzione e risultati. Fermo restando che il Parma di Donadoni è un bel mix di giovani e meno giovani e che in casa è imbattuto». 
LA FASCIA – Un suo eventuale ritorno in squadra (Mazzarri deve ancora sciogliere il dubbio) comporterebbe anche il trasferimento della fascia di capitano dal braccio di Hamsik al suo, anche se Bruscolotti ha suggerito di cederla a Cavani come fece lui con Maradona in occasione del primo scudetto: «Ma quella fascia mi è stata affidata dai compagni, non l’ho pretesa io e me la tengo ben stretta» . C’è spazio anche per un sogno irrealizzato: «Mi sarebbe piaciuto giocare con mio fratello Fabio nel Napoli ma non è stato possibile. Che emozione, però, vedere in campo i fratelli Insigne».
Infine con l’ironia che l’ha sempre contraddistinto chiude l’intervista così come l’aveva aperta, intonando un coro di scherno ai tifosi della Juve che offendono i napoletani: «Il Vesuvio è la terra che amiamo, dell’eruzione ce ne freghiamo. E’ giusto rispondere così anche se non capisco perché tanti napoletani tifino Juve» . E a Caterina Balivo che al telefono si finge una tifosa anonima, Cannavaro risponde: «Se tuo marito tifa Roma, lascialo» . E giù l’ennesima risata. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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