NAPOLI – Meglio abbondare: in talento e in personalità, nella genialità e, semmai, in quello spicchio minimo di sregolatezza che ogni tanto emerge. Uno è di troppo, ahiloro: però ora che il gioco si sta facendo seriamente duro, i fenomeni allo stato puro si mettono a giocarsela tra di loro, per contendersi il posto (a destra o a sinistra) ch’è di competenza. Pandev o Insigne, come sempre: come, all’improvviso, un anno fa, quando dalla panca lo scugnizzo di Frattamaggiore s’alzò e si mise a camminare con i suoi piedi fatati. Fu in quel momento che cominciò il dualismo e fu Goran Pandev che poi lo animò di suo, con un assist da spellarsi le mani nel match con il Parma, la pennellata d’autore che consentì a Insigne di segnare il suo primo gol in serie A. Il passaggio di testimone (momentaneo) è in quell’uno-due, l’epicentro di qualsiasi divagazione tecnico-tattica che sistematicamente lascerà vibrare le vigilie. Pandev o Insigne e però aspettando anche che un giorno sia Pandev e Insigne, perché intanto la materia girgia si può combinare, in questo calcio che Benitez sta modellando a propria immagine e somiglianza: intanto, ci sono da garantire gli equilibri, le capacità di copertura, le garanzie (innanzitutto) nella fase passiva e dunque la padronanza di uno spartito che alla prima è stato eseguito con autorevolezza. Pandev è in vantaggio e Insigne lievemente alle spalle: e però sia il macedone che quel «monello» capace d’ogni cosa hanno la possibilità di mettere (amichevolmente) ansia a Callejon, di assicurare al tecnico una serie di opzioni utili per rimescolare le carte, avendo nelle proprie corde la possibilità di esprimersi su una corsia oppure sull’altra e persino, volendo far «scalare» Hamsik in mediana, di potersi egregiamente esibire alle spalle di Higuain. Pandev o Insigne è il dubbio amletico, un ballottaggio destinato a scandire le settimane: così è stato e così continuerà ad essere, orientandosi di volta a volta tra quel bel po’ di materia grigia.
PERCHE’ PANDEV? – Punta o esterno vice Hamsik visione di gioco
Pandev c’è. Pronto. Se serve. C’è e non è più una sorpresa. Aveva stupito Benitez a Dimaro. Il talento di sempre, certo. Però una maturità diversa. E l’esperienza. Addirittura più mobile. Un altro Pandev, insomma. L’uomo in più. Titolare comunque. Pure se deve partire dalla panchina: primo cambio e perciò di fatto uno di quelli che gioca. Multiuso, multiPandev. Ovunque e per ogni ruolo. Ma neanche questa, in fondo, è una sorpresa. L’idea estiva è stata rinnegata dal campo. Gli allenamenti fanno le gerarchie più dei convincimenti. E allora si cambia. Era l’alternativa di Hamsik in origine. Poi è diventata quella di Higuain. Dopo di Callejon e Insigne. Pandev per tutti. Dall’inizio o a partita in corso. Gioca ed è una delizia. Fino a che ha fiato, è una boccata d’ossigeno per il calcio. E per chi paga il biglietto. Settanta minuti di qualità col Bologna. Buona la prima. Buonissima come tutto il Napoli. Largo a sinistra di partenza. Ma sostanzialmente dappertutto. Coi movimenti giusti, il senso della giocata bella però efficace, e soprattutto la visione periferica di chi si muove per se stesso e la squadra. Tagli, aperture e lanci mirati quando s’è abbassato a prendere la palla.
LA SCELTA – Ha scelto Napoli, Pandev. L’ha voluta, se l’è tenuta stretta. Il mercato l’ha collocato spesso tra gli incerti. La Russia una tentazione: economica, ovviamente. Rubin Kazan, Lokomotiv Mosca e anche qualche altro approccio ancora. L’hanno cercato, lusingato. Lui ha detto no. Lui e pure il Napoli. Convinti, decisi, consapevoli che può essere questo l’anno giusto. Pandev il vincente. Quello del triplete. Con Mourinho debuttò (con successo) proprio a Verona contro il Chievo. Ha gioito, segnato e fatto assist. Fedelissimo di Mou, ha riscoperto ora Rafa. S’erano lasciati senza approfondire la conoscenza: non c’era stato il tempo. Una sintonia ritrovata. Anzi, una sinfonia. Acuti da gran giocatore. “Forse il più talentuoso”, sussurra lo spogliatoio. Titolare col Bologna è anche lui nel vortice dei ballottaggi per Verona. Le indicazioni (e le sensazioni) sono represse dall’abitudine di Benitez: il mago del turn over. Soprattutto sugli esterni, dove ha abbondanza, può scegliere e vuole freschezza. Chi gioca le partitine in settimana non è mica detto stia poi nell’undici in distinta. E allora pettorine, prove, movimenti e schemi: tutto sembra un indizio. Sembra. Poi deciderà Rafa. Che sa che può contare su di lui. Titolare o riserva; esterno, in mezzo e anche punta. Multiuso, multiPandev.
PERCHE’ INSIGNE? – Tanta fantasia freschezza e gol sa anche coprire
Con quei centosessantatré centimetri di talento e l’età. Che resta tenera. E’ piccolo Insigne. Eppure sempre più grande, in ogni senso. Cresce il talento, aumenta il peso nella squadra, s’è preso la nazionale, ha allungato il contratto. Insigne e il Napoli insieme fino al 2018. “E’ il Totti napoletano”. Che è una profezia, forse un destino segnato, di sicuro un simbolo di grandezza. Suggestione, storia, desideri. C’è tutto in questo paragone. La fascia da capitano, la 10 dietro le spalle, e i gol, i records e lo scudetto, quello che Totti ha vinto e Insigne adesso sogna. Altri cinque anni col Napoli. Almeno. Che è poi come dire per sempre o quasi. Arrivò ch’era bambino. “L’eternità è un battito di ciglia”, è un attimo, un momento, è quella firma sul contratto che va al di là delle cifre arrotondate e distese. E’ sentimento, programmazione, senso di appartenenza. Fu pagato appena 1500 euro, ora non ha prezzo, non è sul mercato. Per nessuna cifra. S’è arreso il Sunderland, si sono rassegnate le altre che s’erano informate e mosse. Sondaggi timidi. Sapevano già quale sarebbe stata la reazione: “è incedibile”.
IL FUTURO – Insigne l’oro di Napoli. Prezioso, luccicante, abbagliante con quei tiri a giro che s’impennano e cadono giù imparabili. Alla Del Piero più che alla Totti. Il suo vero idolo, il modello che l’ha ispirato, un altro fenomeno di longevità e talento. Una bandiera, insomma. Quel che Insigne può diventare. E un po’ vuole. Il tempo è dalla sua parte. Il resto è tutto da fare, conquistare. A cominciare da una maglia da titolare. Il dubbio è la certezza prima di ogni partita. Il ballottaggio con Pandev si rinnova, come il contratto. Venti minuti col Bologna, ora il Chievo. Insigne scalpita, smania, sostanzialmente aspetta. Spera. Le casacchine in allenamento illusione ma pure depressione. Pensi di star fuori, scopri di giocare e finisci in panchina. O viceversa. Tipico da grande squadra, quando ce ne sono due per ruolo. Qualche volta tre. Benitez segreto. La formazione giusta la dà solo un attimo o quasi prima di andare in campo. E’ già accaduto, può ripetersi. Con l’umore che fa su e giù come le freccette dei movimenti sulla lavagnetta tattica. Insigne il destro che fa mirabilie a sinsitra. Ma che per Benitez può giocare su tutt’e due le fasce. E da lì deve attaccare, tagliare in mezzo e rincorrere l’avversario. Tutto per il Napoli. Assist, gol e fiato. Per spazzare via il Chievo. Per soffiare forte sul collo della Juve.
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