Un passo avanti, tre indietro: e l’euforia diviene tormento, e l’estasi si trasforma in interrogativi. Good bye London ma dopo 45 minuti godibili, arrivederci al Napoli: due reti dall’Arsenal (nella ripresa) e tre dal Porto, quanto basta per cominciare a farsi delle domande per cercare anche (immediate) risposte. L’Emirates è una bolla di sapone che si disperde nella cappa d’afa, un’illusione che nasce e muore all’alba del secondo tempo: il Porto fa quel che sa, s’infila tra una squadra improvvisamente in ginocchio e ciò che resta d’un week end indicativo è la consapevolezza di dover intervenire sulla fase difensiva e pure sui muscoli.
GOLAN – E’ un copione già visto e ripetersi non giova: Benitez cambia i nove undicesimi rispetto all’Arsenal, Benitez cambia nove undicesimi della squadra, ma la condizione fisica è ancora lontanapoi rimescola
ovunque, lanciando nel mischione pure il giovane Radosevic e un disorientato Zuniga. Ma è calcio apprezzabile, manovra un po’ italica e rapidità che induce all’ottimismo. C’è un avvio lanciatissimo, l’asse Zuniga-Pandev trova nelle reciproche conoscenze la capacità (10′) di allertare il Porto. Poi è ricerca di palleggio (attraverso Dzemaili), distanze, coperture. Il Porto ha poco in mano, un bel cross di Alex Asandro sul quale non arriva Ghilas; il Napoli si concede il pallone, però sempre privilegiando adesso il ritmo basso. Poi, scatta, a fiammate, e trova (con altruismo dell’arbitro) il rigore che vale per Pandev il terzo gol in altrettante sfide.
NUOVA EDIZIONE – Ma per intrufolarsi nella psicanalisi, basta riemergere dall spoagliatoio, ridisegnare la squadra (Higuain centravanti, Hamsik mediano) e accorgersi che il fiato è sparito e pure il Napoli. Al quarto è già pari, con Quintero libero di ondeggiare tra le linee e Ghilas sguinzagliato per il tap in favorito da un’interpretazione sbilencia del fuorigioco. Ci sono residui di energie e una propensione ad osare: il destro di Callejon (21′) è strozzato da Helton e la respinta catturata da Zuniga viene murata dal portiere. Sono cenni di Napoli, che ha ancora qualcosa da dare, prima che vada in riserva: da Hamsik a Dzemaili (23′) il sinistro è debole ma sfila verso la porta. E’ lì ch’è l’ultima goccia di energia s’è consumata e poi al resto provvede il destino: cross altrimenti per Rafael di Varela, Albiol entra scomposto, devia su Fernandez che gli sta alle spalle, per la carambola letale che modifica il risultato e pure l’umore.
FINALE – Intanto è un’altra squadra. Behrami sta vicino a Dzemaili, Hamsik è alle spalle del riferimento centrale offensivo, Zuniga gli sta a destra e Mertens a sinistra. E’ un tentativo disperato di provarci, perché i risultati non contano ma incidono: l’olandesino ha disponibilità, ma non grandissimi spazi; e la palla sporca nell’area, al Napoli in pressione nervosa offensiva, pare di Dossena, anzi è sua, che poi vacilla, barcolla e la concede a Lica, appena alzatosi dalla panchina e già festante. Il Napoli ha smesso da un po’, semmai sta riflettendo sulle cause, sugli effetti, sulla consistenza d’una sconfitta. E’ ancora inizio agosto, però…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
G.D.S.
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