Pandev, fortissimamente Pandev: sette milioni di euro (e di buoni motivi) sventagliati sul tavolo, prima che l’estate divenisse rovente e i tenori si trasformassero in rarità. Pandev, fortissimamente Pandev: l’usato (più) sicuro del mercato è in realtà un top player (ri)fatto in casa, l’argenteria che casa Napoli ha deciso di lustrare per sé e per i suoi obiettivi.
Riecco Pandev e sembra un altro.
«Sono quello della passata stagione, con dentro l’entusiasmo scatenato dalla fiducia assoluta dell’ambiente: io ho voluto il Napoli, ma qui mi hanno voluto tutti, presidente, allenatore, direttore sportivo, tifosi. E la mia è stata una scelta di vita».
Cosa l’ha spinta a restare?
«La validità del progetto. Il futuro è del Napoli. Mai visto un pubblico così partecipe. Io qua mi sono trovato benissimo, sono felice come uomo e come calciatore».
Le tocca «subentrare» a Lavezzi.
«Ma io e il Pocho siamo completamente diversi. Lui qui ha fatto bene, poi ha scelto di cambiare e gli auguro le migliori fortune. Io ora spero di poter mostrare le mie qualità».
Nuovo modulo.
«Per gli altri, non per me, che con la Lazio di Delio Rossi ho già giocato in modo assai simile, stando alle spalle di Rocchi».
Piccoli eredi crescono.
«Insigne e Vargas sono bravissimi e sono potenzialmente in grado di dare una mano a Cavani, partendo da dietro. Lorenzo può crescere con il lavoro di Mazzarri e il nostro aiuto: ma va lasciato in pace. E a Vargas per ora sta mancando soltanto il gol».
Si dice nel basket: doppia-doppia.
«Mi basterebbero anche dieci gol e qualche assist in meno».
La chiamano il titolarissimo .
«E’ un’etichetta nuova, insolita. All’Inter e alla Lazio non esistevano gerarchie del genere, bisognava sudarsi il posto. E il principio vale anche qui».
Il Bayern le piace e gli ha rifatto gol.
«Una bella iniezione di fiducia. E fa niente se loro avevamo tanti titolari in vacanza. Ma noi eravamo reduci da un allenamento mattutino e siamo in piena fase di preparazione. Si corre tanto, era da tre anni che non faticavo così. Ma vincere fa bene. Io non credevo che riuscissimo a rendere in quel modo, ci siamo difesi e siamo ripartiti. Questa è la nostra formula e sapremo essere anche più determinati sugli esterni».
Le finali si vincono, non si giocano.
«Vale per noi e anche per la Juventus. Si parte alla pari, stavolta. Però l’ultima sfida l’abbiamo vinta noi».
La molla è stata quella per dire sì a De Laurentiis.
«La Coppa Italia m’ha fatto scoprire una Napoli che non conoscevo, era come se avessimo conquistato la Champions. Perciò mi chiedo: cosa sarà vincere ancora qua?».
L’uomo del “triplete” cosa chiede?
«Ho tre anni di contratto e tanta fame. Per cominciare, mi manca l’Europa League, e mi piacerebbe parecchio. Poi ho il desiderio di rivivere l’esperienza dell’Olimpico e quel clima: la gente è impazzita, io con loro. Ho tre anni di contratto, il tempo non mi manca, ma meglio partire con il piedi giusto».
Chi è favorito per il campionato?
«La Juventus mi sembra un pochino avanti, perché sta facendo pure un grosso mercato. Milan e Inter vanno tenute sempre nel lotto. Io mi accontento di migliorare la classifica dell’anno scorso. Ma sia chiaro che daremo tutto».
Che Napoli è allora?
«Siamo forti e lo sappiamo e poi sono arrivati Behrami e Gamberini, che si riveleranno fondamentali nel corso di un’annata in cui ci saranno tante partite. Preferiamo non avvertire pressione addosso, scendiamo in campo con ambizioni vere, ma lasciamo i riflettori puntati sugli altri».
Terzo Millennio: tra Pandev, Hamsik e Cavani c’è una bandiera?
«Per me le bandiere non esistono. Però Marek sta qui ormai da cinque anni, è un uomo appagato e ha anche rinnovato».
E’ arrivato nell’agosto del 2011: un anno dopo, cosa ha capito?
«Di essere amato dalla gente. A me non è mai successo di ricevere tanto».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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