E’ finito e però è stato duro: un mese a masticare amaro, veleno sparso qua e là, prima di chiedersi cosa è successo e (anche) perché?
La partenza lanciata è un ricordo quasi lontano, perché il calcio del Terzo Millennio affolla il calendario e dilata le distanze: sei gare una dietro l’altra, aerei che partono e atterrano, vigilie che quasi si incrociano con il post-partita precedente e dentro quell’ottobre azzurro, pardon nero, le tracce di una crisetta di risultati che tra campionato ed Europa League ha colpito il Napoli.
OLANDESINI – All’inizio sembrava invincibile: una macchina da guerra perfetta, che va a Palermo e ne fa tre, che in casa batte la Fiorentina e schiaccia il Parma, che fa notizia perché pareggia a Catania (in superiorità numerica per 89 minuti), laddove poi in futuro faticherà la Juventus. Una valanga sembra stia per sommergere il campionato. Poi arriva lo stop, brusco e bruciante, tre reti prese senza colpo ferire a Eindhoven contro il Psv: e però quella è Europa League, come se fosse un altro Napoli. E’ la spia che si accende al Philips Stadion, che poi si rispegne appena tre giorni dopo perché il balsamo è il campionato è il 2-1 con l’Udinese rimette l’umore a posto.
SOSTA – Qui non si riposa mai, anzi si lavora di più: chi va in Bolivia, chi resta in Europa, chi si fa una decina di ore di volo, chi deve combattere con il fuso orario, chi pensa che sia comunque salutare e chi arriva alla Juventus o stracarico o stra-scarico. E però è 2-0, nel finale, prima l’uruguaiano Caceres e poi il francesino Pogba che sistemano due ganci a dieci minuti dalla fine e trasformano una gara indirizzata al pari, con il rimpianto della traversa di Cavani nel primo tempo, in una sofferenza interiore da elaborare.
Il tranello, comunque, è nel calendario, che stavolta nell’infrasettimanale ha sistemato una nuova trasferta, stavolta in Ucraina, in casa della Dnipro: al primo pallone in area di rigore, su punizione laterale, è 1-0, ed è la conferma che il malessere sulle palle inattive, appena rivelato di nuovo all’Olimpico di Torino, sta tornando. Finisce 3-1, con un inevitabile carico di tensione, con lo stress da prestazione del Napoli-2 coinvolge anche il Napoli-1, perché quelle non sono due entità separate.
L’EPISODIO – Bergamo è cronaca, è attualità, è un tiraccio di Carmona che pesca il gol della vita: palla nell’angolino lontano dove neppure De Sanctis, ch’è un gigante, riesce ad arrivare stendendosi tutto. E’ la quarta sconfitta subita in sei gare, è un handicap che manifesta un momento negativo, sfavorevole o anche inespressivo, e sono numeri che per la prima volta si affacciano nell’era Mazzarri: otto gol subiti e appena quattro segnati, il San Paolo è un amico (e infatti con Udinese e Chievo segnano due volte Hamsik e Pandev) ma le trasferte diventano un tabù, perché l’unica rete lontana da Fuorigrotta la pesca Cavani dal dischetto contro la Dnipro.
FERMI AL PALO – E’ anche una congiunzione astrale particolarissima: i legni non sono degli amici, si oppongono in momenti che si potrebbero definire chiave e che però poi finiscono per scomparire al cospetto del risultato. Ma Cavani colpisce il montante su una punizione di rara bellezza contro la Juventus, quando si era ancora sullo 0-0; e sempre el Matador, in Ucraina, pesca un altro palo che potrebbe riaprire il match o perlomeno indorare la pillola. E’ una teoria pure questa, e ci sta, però con i se e con i ma… Ottobre resta nero, quasi nerissimo, perché a Bergamo poi, quasi come se il destino volesse prendersi beffa, il colpo di testa di Maggio, al novantatreesimo, finisce ad un centimetro dall’angolo basso di Consigli.
Un anno fa, stesso stadio, Cavani riafferrò per i capelli il match nel prolungamento del recupero, determinato da una sostituzione di Colantuono. Ma da ieri è novembre: vuoi vedere che vuol dire qualcosa…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.