All’Olimpico, andata della semifinale di Coppa Italia ricca di spettacolo, buon calcio e belle idee dei due tecnici: il 3-2 lascia aperta la qualificazione, ma il Napoli meritava il pari per quanto fatto vedere nei novanta minuti. Al ritorno servirà il massimo sforzo.
LA FORZA DELLA ROMA… – C’è poco da fare quando all’avversario va tutto bene: se la Roma si ritrova un Gervinho in serata di grazia, palleggiatore freddo e sopraffino in occasione del dribbling su Reina che ha fruttato il primo gol, e insolito cecchino infallibile quando segna la seconda rete su due sole vere occasioni avute, vuol dire che doveva finire così. In mezzo, un’altra prodezza stratosferica: il siluro di Strootman da fuori area, finito esattamente sotto l’incrocio dei pali. Senza dimenticare che l’1-0 è arrivato all’improvviso, per un’invenzione superba del capitano Totti. Intorno a questi tre momenti, si è vista certamente una Roma forte e sempre pericolosa, ma anche un Napoli determinato, autoritario e capace di imporre possesso e gioco in casa dei temibili rivali.
…E GLI ERRORI DEGLI AZZURRI – Certo, su ciascuno dei tre gol c’è stata la collaborazione dei difensori napoletani: Réveillère bruciato da Gervinho sul primo, parzialmente giustificato perché nemmeno Ghoulam sul terzo è riuscito a tener testa alla velocità da ghepardo dell’esterno giallorosso; per il 2-0, sembrerebbe trattarsi solo di una prodezza incredibile di Strootman, ma l’olandese è stato lasciato liberissimo di caricare il tiro, non tanto da Fernandez uscito un po’ in ritardo (ma era lontano), quanto da Inler che, come spesso gli accade, lo seguiva limitandosi a trottargli accanto. Le tre giocate fenomenali della Roma hanno dunque una spiegazione che va oltre la casualità: di tiri da fuori, nelle stesse condizioni, ne sono arrivati almeno altri tre o quattro (in particolare con Totti e Ljajic vicini al gol), così come su entrambe le fasce il Napoli ha sofferto terribilmente con Réveillère (poco meglio Ghoulam) e Maggio, quest’ultimo troppo spesso in ritardo nei rientri e nella marcatura e ancora impreciso nei passaggi.
COMPATTEZZA = SICUREZZA – Ma anche Maggio e Inler, pur confermando amnesie da cui non riescono a guarire, nell’arco dell’intero match sono sembrati meno insicuri e sono risultati di certo meno disastrosi. Questo perché il Napoli è sceso in campo messo benissimo rispetto alle precedenti uscite, estremamente compatto, con quattro uomini sempre intorno al pallone, sia per recuperarlo che per giocarlo. La costante assistenza del gruppo ha giovato a tutti i singoli, migliorando l’nterdizione e la costruzione. E l’assetto più stabile è la riprova che con Hamšík a posto di Pandev (nonostante una serata molto buia per lo slovacco) c’è molto più equilibrio a centrocampo e molta più efficacia in tutte le fasi, perché è di per sé un segnale dell’intenzione di tenere vicini i reparti ed evitare scollature.
BUON INIZIO, MA INVANO – Il Napoli ha cominciato bene la gara, facendo densità al centro e aspettando la Roma con concentrazione. Ne è nato un avvio fatto di studio, ma aspetta e aspetta ne sono uscite l’invenzione di Totti e la giocata di fino di Gervinho. Prima occasione e primo gol, e a questo punto già non poteva più funzionare la tattica attendista del Napoli: con la dovuta prudenza, una piccola reazione c’è stata subito, senza però riuscire a perforare il muro difensivo giallorosso, dove tornava a recuperare palle un Gervinho indiavolato. La Roma è risalita subito, dimostrando di poter ancora rendersi pericolosa, e ne è venuta fuori una partita di buona qualità tecnica e di forza atletica da entrambi i lati. Il Napoli faceva girare benissimo la palla, mettendo due volte Higuaìn al cross, per due volte lungo d’un soffio per Callejòn. Al 31′, poi, la bomba di Strootman sembrava rendere ogni sforzo inutile, tanto più che al 42’ un contropiede della Roma, condotto dall’incontenibile Gervinho, ha messo sui piedi di Maicon la palla del possibile 3-0, sprecata. Al riposo tanta frustrazione azzurra per la serata di grazia della Roma, ma anche la sensazione di una rimonta possibile.
SFIDA DI TATTICA – Sensazione tramutata subito in rabbia nel secondo tempo: un approccio determinato e aggressivo ha fruttato immediatamente l’episodio favorevole. Ancora un cross di Higuaìn, stavolta graziato da un colpo di fortuna, la papera dell’ex De Sanctis, che forse vuole ancora un po’ di bene alla sua vecchia squadra. Sul 2-1, per venti minuti si è visto bel calcio e un ottimo Napoli, capace di imporre il possesso e controllare il gioco. Ma la Roma rispondeva colpo su colpo grazie a un Gervinho sempre micidiale, perché capace di giovarsi della mossa di Garcia di giocare senza punta centrale e di invertire spesso l’ivoriano con Ljajic. Al 64′ Benitez ha risposto con un’idea altrettanto interessante: fuori uno spento Hamšík (e non un instancabile Callejòn), dentro Mertens, libero di spaziare sulla trequarti della Roma e approfittare di una difesa giallorossa non più freschissima. Detto, fatto: alla prima palla utile, invenzione del folletto belga e meritato 2-2 del Napoli.
FINALE A SORPRESA – Dopo il pareggio, il Napoli ha continuato a gestire l’iniziativa, puntando su azioni più manovrate e assecondando il ritmo della gara, sceso anche per stanchezza. Intanto, però, Garcia aveva inserito Pjanic, Destro e Florenzi. Legittima la contromossa di Benitez, quella di mettere Behrami per Higuaìn e garantire copertura negli ultimi dieci minuti. Invece, per un finale thrilling e inatteso, allo scadere proprio una triangolazione Destro-Florenzi ha innescato il solito Gervinho e regalato la vittoria a Garcia. A dimostrazione che alla Roma, ieri sera, ha girato tutto bene.
Lorenzo Licciardi
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