Ottavio, però primo. Primo e per primo a vincere lo scudetto a Napoli. Un sogno atteso sessant’anni. Roba da far battere il cuore, e forte, anche a lui, ad Ottavio Bianchi. Che dicono sia burbero, ruvido. Di sicuro, è uno pratico. Pure troppo per chi, malcapitato, prova a strappargli un sorriso giocando con l’alfabeto. E allora, che la “B”, a Napoli, sia la lettera degli allenatori vincenti, lo coglie di sorpresa. Anzi, un po’ lo stranisce pure. «Cosa? Bianchi, Bigon, adesso Benitez: sinceramente non la seguo, faccio fatica» . E vabbè. Ottavio Bianchi è così. E’ un Signore di un altro calcio. Uno da campo. Pure se poi, in azzurro, ha fatto tutto: il giocatore, l’allenatore e il dirigente. Dietro una scrivania. Ventisette anni di Napoli, con qualche pausa. Dal 1967 al 1993, ma in fondo anche dopo. Seguendo tutto con quell’aria che sembra distaccata. Sembra però. Proprio come, distaccato, appare quando parla di Benitez. Si avvicina sobrio, misurato. «Sinceramente non lo conosco di persona e non posso dire se sia l’uomo giusto. Ho letto, mi sono informato, ma non posso ancora dare giudizi. Napoli è Napoli, è una città particolare, per certi versi unica. E anche la serie A è diversa» .
A Benitez non manca l’esperienza…
«Questo è certo. Ha spessore internazionale; è uno che ha allenato e vinto in paesi culturalmente e calcisticamente differenti. Ha un bagaglio di esperienze importanti. Spagna, Inghilterra e un po’, già, anche l’Italia: parte avvantaggiato».
Profilo e curriculum da grande allenatore.
«Non ho dubbi. E’ un professionista di valore. Che conosce il suo mestiere. I requisiti per far bene ci sono tutti. Ma subentrano anche altri fattori. Non è mica Benitez ad andare in campo…».
Eh no…
«La società deve costruire una squadra importante. Benitez è una scelta azzeccata. Ma aspettiamo il mercato. Le partite le vincono i giocatori. Io non ho mai avuto un presidente che mi ha fatto fare il mercato. Spero però ci riesca Benitez. Io mi fido di De Laurentiis».
Il progetto per garanzia…
«Io bado ai fatti, e De Laurentiis fin qui ne ha fatti tanti. In questi dieci anni ha sempre rispettato i programmi. Ha riportato il Napoli in Europa. Protagonista. Ha i conti a posto e gioca per vincere. Personalmente faccio chapeau, giù il cappello. Il Napoli ha futuro».
E Insigne sembra esserne il simbolo…
«E’ un talento, l’ha dimostrato anche l’altra sera con l’Inghilterra. Ha qualità enormi. Può, e deve però, ancora crescere. Non ha dimostrato tutto il suo valore. Benitez lo aiuterà anche tatticamente. Largo a sinistra potrà esprimere tutto il suo potenziale. Che è enorme».
Tre rifinitori dietro il centravanti: quattro-due-tre-uno. E in mezzo ci sarà Hamsik.
«La prego, lasci perdere i numeri. Il calcio fatto con le cifre proprio non lo capisco. Non sono come certi miei colleghi».
Perfetto. Parliamo però di Hamsik. Con Benitez può essere un altro Gerrard, o Lampard…
«Mi basta faccia Hamsik. Lo slovacco è tra i giocatori più forti degli ultimi anni. Ha il dono di saper stare in campo. Ha una maturità tattica incredibile. Le racconto una storiella…».
Ci dica.
«Quando da giocatore ho capito finalmente come dovevo stare in campo, mi sono anche accorto che la mia carriera stava finendo. Beh, Hamsik sa invece tutto da quando ha cominciato a giocare. E’ nato grande. Ne vedo pochi di campioni così».
Come Cavani…
«Il Matador è incredibile. Incarna la modernità del ruolo, è un centravanti fatto per questo calcio. Ha resistenza, corsa, potenza, fa gol. Dovesse andare via, sarà dura trovarne un altro di questo livello».
Tanti nomi: Dzeko e Mario Gomez soprattutto. Forti ma evidentemente diversi…
«Hanno chili e centimetri. Nei sedici metri si fanno rispettare. Sono uomini d’area. Con giocatori così, cambia il modo di giocare, di servirli. Fondamentali diventano i giocatori di fascia».
Insigne a sinistra, Cerci a destra: il primo di una lista che s’allunga sempre più. Le piace?
«Se lo prendono, ne parliamo».
Per ora allora, Benitez.
«Partenza col piede giusto».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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