WASHINGTON – Almeno adesso è tutto più chiaro. Non solare né allegro, ma chiaro. Tra Pablo Daniel Osvaldo e la Roma l’equilibrio si è guastato da tempo e quella che sta andando avanti è una relazione traballante da una parte e dall’altra. Non è soltanto una povera questione di soldi da incassare e di bilanci da salvaguardare. Il divorzio prossimo venturo si consumerà per una ragione molto più banale, logica e persino accettabile: Osvaldo vuole andare via. Il sospetto esisteva, dato che non regge il cervellotico discorso in base al quale bisogna salvaguardare Destro e allora meglio prendere i soldi della cessione dell’italo-argentino e dirottarli altrove. Oltre a cercare un difensore del valore del romeno Chiriches, dando via Osvaldo e Borriello sarebbe comunque necessario ingaggiare quello che il presidente James Pallotta ha definito «un attaccante forte abbastanza da consentirci di stare tranquilli anche in caso di emergenza» . Un uomo buono per tutti gli ambienti, l’area avversaria o la panchina, in base agli umori del ginocchio di Destro.
LUPO – Adesso possiamo affermare con ragionevole sicurezza che è proprio Osvaldo a ritenere concluso il suo ciclo alla Roma, il suo ennesimo ciclo biennale dopo il quale lui viene a noia a una squadra e la squadra a lui. L’italo-argentino è un lupo solitario nelle cui orecchie risuona lontano soltanto il richiamo del gol. Tentare di inserirlo in un modulo di gioco non è difficile, è dannoso. Lui trova meglio la porta quando si muove guidato dal fiuto. Alla Roma ha mostrato il suo buono, il suo brutto, il suo cattivo, miscelando gol a cascata e capricci a grandine. I tifosi gli hanno perdonato ben poco, lui li ha affrontati a muso duro, una parte di loro ha smesso di apprezzarlo a prescindere dal rendimento. In 57 partite, 28 gol non sono proprio roba che si trovi al discount. Osvaldo non aveva mai segnato tanto prima di adesso né era riuscito altrove a costruire un rapporto tanto solido con i compagni e con il leader del team. Totti, nel nostro caso. Eppure è stato crocifisso quando a Genova contro la Samp ha voluto tirare un rigore, lo ha voluto con tale forza da sbagliarlo.
BRACCIO DI FERRO – Probabilmente è stato a quel punto che ha scelto. Per giocare come gli piace, il che pressappoco equivale a giocare bene, ha bisogno di sentirsi sospinto, non sopportato. Peccato, perché la Roma di Garcia stava venendo su bene e senza Osvaldo perderà un pezzo della sua affidabilità. Ma se è lui a cercare altra musica e altre parole, meglio accontentarlo. Non esistono professionisti meno bravi di un calciatore che gioca per obblighi di legge. Giustamente però la Roma pretende i soldi che Osvaldo vale. Almeno 18 milioni, se qualcuno li offre pure 20. Certe squadre anche senza offrirli ufficialmente li hanno proposti al telefono: lo Zenit, il Southampton, il Wolfsburg. Lui niente: vuole Londra, una Londra qualsiasi, tanto lì è tutto a portata di metro o di limousine. Oppure, meglio ancora, vuole l’Italia. Per fare contenta la fidanzata Jimena Baron, soubrette che ha imparato ad apprezzare i gelati e le proposte di lavoro delle nostre reti televisive. Mazzarri voleva Osvaldo al Napoli e ora lo vuole all’Inter. Lo stesso Napoli sta aspettando che la Roma entri nella stagione dei saldi. Possibile che il giocatore sia già d’accordo con qualcuno. Un interessante braccio di ferro multiplo alla fine del quale uno solo resterà in piedi.
La Redazione
G.D.
Fonte: Corriere dello Sport
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