Victor Osimhen, attaccante del Napoli, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera: “Siamo a marzo e c’è ancora tempo davanti. Ma, sì, voglio tutto, vogliamo tutto. Stiamo dando la nostra vita per raggiungere questo successo. Lo meritiamo, stiamo sacrificando ogni cosa per raggiungerlo. Ci siamo quasi, ma guai a distrarci proprio adesso. La nostra mentalità è sempre la stessa, in Italia e in Europa: imporci e vincere. Ci curiamo l’uno dell’altro, in ogni momento. Ciascuno dà la carica all’altro, e se qualcuno è in difficoltà siamo pronti a dargli una mano. C’è solidarietà, difficile spiegarla a chi non la vive. La convinzione di ognuno serve per la collettività. E quando ci credi ti senti forte, quando sei forte vinci. Poi c’è il mister che rappresenta il cervello della squadra. Sa una cosa a cui penso? Se un giorno dovessi fare l’allenatore mi piacerebbe essere come lui. Quando abbiamo capito di poter vincere lo Scudetto? Prima ancora che cominciassimo a vincere. E c’è una foto conservata che testimonia il momento. Era estate e dopo un allenamento abbastanza duro parlavo con Anguissa. Gli dissi: Frank, sai che la nostra squadra è forte e possiamo provare a vincerlo veramente lo scudetto? Lui era scettico e io lo convincevo. Si avvicina Spalletti e ci chiede di cosa parliamo. Glielo dico, lui mi guarda e dice: se i tuoi compagni si convincono, come lo sei tu, sì che possiamo provarci. È nata così la nostra bellissima storia, fatta di partite, di allenamenti, di uomini che non si risparmiano. Fatta di leader. Se mi sento forte? Si, la testa è dura! Se non l’avessi avuta così e non fossi stato convinto avrei smesso. Qualcuno in passato diceva che non avrei mai fatto fortuna nel calcio. E, invece, eccomi qui a dimostrare con i fatti che si può. Se si vuole si può. Nessuno ha mai scelto per me, anche a Napoli sono venuto perché io ho deciso così. Vita calcistica e non? Effettivamente me ne sono capitate un po’, ma non mi sono curato troppo delle persone e di quello che hanno detto anche prima che arrivassi. Forse ogni cosa negativa è servita come stimolo in più. Sono credente e Dio mi ha messo alla prova. Nei momenti di difficoltà, il club mi ha sempre supportato. Oggi sono felice ma non soddisfatto. Si può fare di più. Per Napoli e la sua gente. Kvaratskhelia? Con lui c’è stata empatia dal primo momento. La nostra intesa nasce perché è fortissimo ma anche un caro ragazzo. Siamo tutti un po’ leader, poi c’è chi parla di più alla squadra e chi meno. Ma ognuno si assume la sua parte di responsabilità. Spalletti fuori dal campo è come un papà: ascolta e dà consigli su tutto. In allenamento è severo, si arrabbia e anche molto. Premier League? Credo sia un’ambizione di tutti i giocatori. E chissà, un giorno… In questo momento, le assicuro, non mi sfiora neanche il pensiero. Mi distrarrebbe da una stagione bellissima. Solo Napoli. Punto. Dedicare lo scudetto a mia figlia? Lei è la mia bimba, un’emozione unica. È la luce della mia vita, la piccola donna alla quale insegnare il valore dell’amore, il rispetto per gli altri, ricchi o poveri che siano, bianchi o neri. Hailey gioirà con me e con tutti i tifosi, lei come noi merita di vedere il Napoli tagliare il traguardo. Se non avessi fatto il calciatore avrei fatto il medico, come voleva mio padre”.
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