La corsa folle, il salto sul cartellone e poi le braccia levate al cielo per esultare e godersi, sino in fondo, l’urlo del pubblico. Paolo Cannavaro ha ancora nella mente le immagini del gol al Catania, il tocco da centravanti, gli abbracci di Cavani e Hamsik e la corsa liberatoria sotto la curva. Quelle immagini e anche le foto che lo ritraggono idealmente immerso nell’abbraccio della torcida ieri le ha viste e riviste in tv, emozionandosi insieme ai familiari, con cui ha festeggiato. Centinaia gli sms di complimenti, dal tweet di sabato notte di suo fratello Fabio agli elogi dell’amico Aronica: «Complimenti, ieri ha segnato un bel gol. Il Napoli lotterà sino in fondo per lo scudetto».
Cannavaro ha voluto (e dovuto) vivere sino in fondo la sua serata, lasciando il San Paolo solo mezzora oltre la mezzanotte, dopo aver espletato il controllo antidoping, insieme all’amico Grava. Un destino stavolta simpaticamente comune a quello di Gianluca, compagno anche di un mese e mezzo di sofferenze: Grava ha dimostrato di essere sempre un gladiatore, il capitano ha segnato e chiuso la gara col Catania 46 giorni dopo l’inizio dell’incubo. «Sono felice, innanzitutto per il Napoli», ha detto sabato notte. Insieme a «Gianlu» aveva patito per la squalifica di 6 mesi inflittagli il 18 dicembre. L’incubo è durato 30 giorni esatti, sino al 17 gennaio, quando è arrivata la piena assoluzione. «La vittoria più bella per me e Gianluca – ha detto più volte Paolo – è stata quella di uscirne puliti. Appena l’ho saputo sono scoppiato in un pianto liberatorio».
A Parma il rientro in campo, sabato invece l’urlo liberatorio proprio al San Paolo. In curva B, con Grava, aveva vissuto da tifoso le due gare con Roma e Palermo, col Catania la serata speciale, e non solo per il temporaneo primo posto. Cannavaro ha raggiunto un certo Maradona in quanto a presenze nel Napoli: 259, undicesimo nella classifica di sempre, a una lunghezza da Zurlini e due da Bugatti. Con quello di sabato è a quota 14 gol in carriera, 11 in serie A (6 col Napoli, uno decisivo sempre col Catania a marzo 2009), 9 con l’azzurro (2 in B e 1 in Coppa Italia). I sogni di Paolo si stanno avverando uno alla volta, come auspicò il 17 febbraio di due anni fa, quando firmò il rinnovo del contratto sino al 2015: «Mi sento napoletano, sento la responsabilità di questa maglia e spero di vincere qui per poter davvero diventare una bandiera». Un desiderio già parzialmente esaudito la notte del 20 maggio scorso, quando, da capitano, alzò al cielo di Roma la Coppa Italia. «Vincere con la squadra del mio cuore – disse – è una sensazione immensa, unica, ora so cosa hanno provato i napoletani che hanno vinto».
L’incubo squalifica è alle spalle, ricorderà a lungo le sensazioni provate sabato sera: un gol dalle emozioni simili a quelle provate il 27 agosto 2006, quando la sua rete in rovesciata suggellò ai supplementari il 3-3 con la Juventus in Coppa Italia. Da allora Paolo Cannavaro, insieme al Napoli, è cresciuto molto, diventando perno della seconda retroguardia meno battuta della serie A, capitano indiscusso per la quarta stagione consecutiva, pupillo di Mazzarri e riferimento dello spogliatoio. Solo il duello con i bianconeri è rimasto immutato, allora era per la serie B, ora invece… «Abbiamo già dimostrato di poter battere la Juve – ha detto di recente – perché abbiamo identità di gioco, carattere e qualità. Sarei contento di essere antipatico e vincente, sperando che loro possano mollare». L’appuntamento possibile con la storia è già fissato: venerdì primo marzo. Servirà un altro urlo del capitano, stavolta solo di felicità.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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