Si presenta oggi al Circolo Posillipo, alle 16, il libro «Testa alta, due piedi. Storie di calciomercato, quando non c’erano i procuratori e i cellulari non erano telefonini» (Absolutely Free, 15 euro) di Franco Esposito. Interverranno Corrado Ferlaino, Carlo de Gaudio, Luis Vinicio, Beppe Bruscolotti e Rosario Rivellino. A presentare il libro sarà Giuseppe Pacileo. Per quasi mezzo secolo Franco Esposito, prestigiosa firma del Mattino, ha seguito le vicende del calciomercato. Scoop su campioni veri e presunti, accordi improvvisamente raggiunti e trattative incredibilmente saltate. Sono le storie e i personaggi che animano «Testa alta, due piedi», racconto di un calcio (e relativo sottobosco) più umano e più vero. Non si vedevano procuratori eleganti e altezzosi, non esistevano i-phone e i-pad, le notizie arrivavano anche nel cuore della notte e non erano trasmesse in diretta tv. Testa alta, due piedi, un’indicazione un po’ così: il profilo di un calciatore ungherese, Vincze, acquistato dal direttore sportivo del Lecce, Mimmo Cataldo, per 150 milioni di lire. C’è tanto del Napoli, dei suoi campioni e dei suoi dirigenti nel libro di Esposito. A cominciare dalla fuga di Del Vecchio, il brasiliano che infilò lo spazzolino da denti nel taschino del giacca e salì su un treno dopo aver dato due schiaffi all’allenatore Amadei. E poi l’acquisto boom di Savoldi, con il patron del Bologna, Conti, che ci ripensò e minacciò con la pistola Ferlaino, fresco presidente del club azzurro: l’ingegnere non fece un passo indietro. Il colpo Krol, realizzato in segreto dal giovane direttore generale Juliano con un blitz in Canada. Due capitoli sono dedicati alla trattativa Maradona, durata quasi due mesi tra Napoli e Barcellona. Una serie di inediti dettagli rivelati dal cronista che raccolse a New York la prima confidenza di Diego: «Sì, voglio il Napoli». Un capolavoro realizzato da Ferlaino e Juliano, superando gli ostinati e spocchiosi catalani, così nacque la grande squadra che avrebbe avuto tra i protagonisti del primo scudetto Renica. Mantovani, presidente della Samp, annunciò così la sua cessione: «Ho ceduto un giocatore che ha il cognome di sei lettere e un ruolo di sei lettere a una squadra di sei lettere». Renica, libero, Napoli. Era il calcio in cui il cellulare era una Ritmo della Guardia di Finanza, quella su cui salì, in pieno mercato, Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino, coinvolto in un’inchiesta sulla camorra. Era il calcio di grandi bugiardi e bravi dirigenti come Luciano Moggi, che annunciò una missione per l’acquisto dell’olandese Vanenburg e invece si diresse a Madrid per prendere Alemao. Big Luciano, l’immenso Italo Allodi e poi i primi sponsor dei campioni dell’altro mondo, quello africano e orientale. Arrivavano al Gallia e all’Hilton proponendo calciatori dal cognome improbabile. «Sono dei campioni». Non erano i tempi del pallone globale e al massimo gli offrivi un caffè.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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