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Odissea San Paolo, il preliminare di Champions è a rischio

Se entro il 10 luglio la società azzurra non ottenesse un accordo annuale niente Champions

Lo stadio virtuale eccolo là: è un ammasso di carta straccia (per ora), che raccolgono il passato e non consentono di avere all’orizzonte un preliminare di Champions, un miscuglio di libere interpretazioni e un bel po’ di politichese che spingono il Napoli lontano dal San Paolo e schiudono le porte ad una bufera ch’è nell’aria. Lo stadio virtuale è in quella «appendice» di sessanta giorni che il Comune ha concesso alla convenzione e che però per il calcio è nulla, una promessa e nient’altro: perché per aprire sul serio al preliminare servirà un accordo scritto che garantisce l’uso d’un impianto per un anno intero ed ora che il rintocco del big ben già si ode e sta persino per arrivare lo stop, l’ansia cresce e la preoccupazione dilaga.

SINDACO. L’allarme «azzurro» è scattato (ancora) quando Luigi De Magistris ha ribadito le proprie antiche convinzioni nell’etere, diffondendo un malessere già certificato per chi ha competenza specifica ed ha familiarità con le abitudini dell’Uefa: «Sulla convenzione del San Paolo c’è una proroga di due mesi che consentirà al Napoli di giocare le amichevoli e il preliminare di Champions; stiamo lavorando su un nuovo accordo che ci auguriamo di firmare entro la fine di luglio». Eccolo qua, il vizio di forma che trasforma un problema reale nel San Paolo virtuale: perché il Napoli, dopo aver ascoltato e letto, s’è agitato, ha allertato le strutture governative della città, ha ribadito che non può esserci «patto» temporaneo e che ne occorre – obbligatoriamente – uno definitivo che «assicuri» il San Paolo per l’intera stagione e poi ha sottolineato che l’emergenza è assoluta e che esiste un’urgenza inderogabile, perché l’Uefa aspetta al massimo sino al dieci luglio. E poi sarà Palermo…

L’APPUNTAMENTO. Il calendario internazionale, ovviamente, è simile a quello nazionale: tra un po’ anche le commissioni Uefa vanno in vacanze, però prima che ciò accada si riuniranno, leggeranno le relazioni sulle ispezioni (l’ultima, al San Paolo, è di venerdì scorso), verificheranno le intese tra club e comuni proprietari degli stadi, poi saranno chiamate a «lanciare» la stagione che verrà, quella che per il Napoli inizierà il 19 o 20 agosto o magari il 26 o il 27, con la partita che può valere una stagione, perché anticamera dell’accesso in Champions. Ballano una ventina di milioni di euro, almeno; e però poi c’è anche una credibilità internazionale ed un’immagine che va al di là del calcio: il Napoli in questo momento può produrre un’intesa con il Comune che non asseconda le richieste dell’Uefa e dunque quella proroga torna utile semplicemente per le amichevoli.

MENO TRE. Al portone di Palazzo San Giacomo è stato bussato ripetutamente per ribadire che si è in presenza di una difficoltà (estrema) oggettiva, che c’è il rischio concreto di dover emigrare nella accogliente Palermo, che il 10 luglio rappresenta un appuntamento ormai imminente oltre il quale c’è il vuoto ed il rischio (stavolta serissimo) d’imboccare una strada di non ritorno. Direzione la Favorita, sarebbe quello lo stadio reale.
Fonte: Corriere dello Sport

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