Il Monzon nostrano non tirava cazzotti all’uomo ma molto spesso lo saltava. Novellino, Alfredo Walter ma pure Amato Lenin, poiché il papà era uno di quei “rossi” d’altri tempi, nell’arte del dribbling era semplicemente Monzon. Più che altro per questioni di somiglianza, ma anche perché gli piaceva ingaggiare prolungate tenzoni coi difensori avversari. Nino Benvenuti aveva fatto visita a quelli del Toro nel ’71 e capitan Ferrini così lo accolse: “Prego, di là ti aspetta Monzon”. Quel soprannome fu anche un ulteriore sprone nella carriera agonistica del tecnico di Montemarano, profeta in patria che riportò il Napoli nella massima serie allo scoccare del terzo millennio. Regalando un’oasi di piacere intenso ma breve a quel club che s’era parecchio smarrito, letteralmente pietrificato sull’ottovolante che faceva spola dalla A alla B. Lui in trionfo nel duemila, lui assente giustificato e rimpianto nel successivo anno di A, poiché gli fu preferito il boemo della Roma, dopo scaramucce con la dirigenza ed il veto di Corbelli. Nel gioco delle “sliding doors”, se fosse riuscito ad imboccare la porta della permanenza, cosa sarebbe stato? «E chi può dirlo… Certo, continuare con me avrebbe comportato sicuri vantaggi. Tipo quello di conoscere ambiente, staff, giocatori. Mi sarebbero serviti due-tre innesti e avrei provato a tenere il Napoli in A. Senza nessuna garanzia di successo, sia ben chiaro, ma in cuor mio ho sempre pensato che avrei potuto far bene anche nel secondo anno. Roba passata, dai».
Però lei il Napoli l’aveva affrontato anche da giocatore.
«E’ capitato col Milan, se non vado errato nell’81. Vincemmo al San Paolo con un mio tiraccio deviato da uno della difesa. Anche quello è un bel ricordo, ma quella volta fummo noi a retrocedere».
Però nell’attuale Napoli c’è qualcuno che le somiglia un po’, vero?
«Eh sì’, direi abbastanza. Mi rivedo in Insigne. Avevo tenacia ma anche molto carattere, come lui. Ero uno calcisticamente “presuntuoso” e non guardavo in faccia a nessuno, a costo di prendere ripetute lavate di capa dal mister. Sfrontatezza, gioia di giocare al calcio: sono cose che ravviso anche nel pupo napoletano che sta crescendo con tutti i crismi del campioncino. Lui più goleador di me. Lorenzo è una gran bella realtà del calcio, ormai anche in ambito nazionale, visto che se lo contendono Prandelli e Mangia».
Questo Napoli le piace?
«Moltissimo. E’ un club che ha un’insaziabile fame di gloria. Abbiamo parlato di Insigne ma al momento è Cavani il faro. Cavani è uomo ovunque, è più “bionico” che umano, come giustamente avete osservato sul giornale. Con la sua spiccata fisicità, il suo smisurato senso della porta. E’ un giocatore di levatura mondiale, fra i primi tre o quattro».
Se dovesse porre degli accenti?
«Non vorrei fare torto a nessuno ma alcuni mi hanno colpito profondamente. Per me Inler in Italia, nel suo ruolo, è secondo solo a Pirlo. Provai invano a portarlo al Toro, poi la spuntò l’Udinese. Lo stesso Behrami è una forza della natura e Hamsik è un talento inesauribile».
Alcuni li conosce bene…
«Maggio e Donadel su tutti. Christian è un treno inarrestabile, l’ho portato alla Samp, ma date tempo pure a Donadel. E’ completo e va aspettato».
Juve a scappare, Inter e Napoli ad inseguire.
«Occhio ragazzi! Non sottovalutate la Fiorentina. Ho assistito agli allenamenti del mio conterraneo Montella: ha molto talento e farà strada. Fiorentina più che Inter, e il Napoli in grado d’insidiare la Signora».
Domani, dietro la prossima porta c’è il Milan…
«Sulla carta non ci dovrebbe essere partita. Lo vedo messo male il Diavolo. Non potrà nemmeno permettersi di puntare al pareggio. Dovrà giocare e questo potrebbe favorire gli azzurri. Ad Allegri hanno tolto tutti i migliori giocatori. E non ci sono moduli che tengano. Per me è uno netto».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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