E se si mettesse una maschera? A Carnevale ogni scherzo vale, ma questo non glielo dovevano fare: perché quel giorno, quando atterrò in Sicilia, per risalire il calcio, Acireale rappresentava la liana per spingersi al di là dei sogni e atterrare tra le luci d’una ribalta fantasmagorica, in quello scenario da mille e una notte da vivere a torso (quasi) nudo, camicia bianca al vento e adrenalina scaricata tra i fili d’erba tagliuzzata dalla frenesia d’un uomo che non osa chiedere mai. Napoli-Chelsea è lo spartiacque esistenziale d’una generazione di fenomeni, la cartina di tornasole del rinascimento calcistico d’una città ormai persa nei ricordi assai lontani d’una belle epoque indimenticabile: e quando l’ora (e mezza) X starà per scattare, in quel frastuono da definire bolgia, la solitudine d’un numero primo – perché uno, perché Mazzarri e dunque divisibile soltanto con se stesso – si staglierà tra le tenebre, al riparo dagli occhi di bue, dai flash dei fotografi e dalla curiosità vorace che l’inseguirà ovunque.
CHE SOFFERENZA! – La dura legge dell’isolamento ha confini insormontabili ed il codice Uefa è regolato da interpretazioni ferree e da veti insormontabili per quei «piccoli monelli» pescati in flagranza di «bischerata» e puniti con squalifica per redimerli: Napoli-Chelsea è l’estasi professionale, la vetta con vista sulla Champions vagheggiata in quella scalata a mani nude dell’Everest, ma l’unica sosta consentita, il campo-base per riuscire a sfuggire al diktat che proibisce qualsiasi tipo di accesso agli spogliatoi, è quel dirigibile che sovrasta la tribuna Posillipo nel quale – al di là di ogni parete – ci sono le telecamere della Rai – un anfratto del san Paolo che offre un’ampia visuale e tiene al riparo la propria privacy, da custodire gelosamente per non mostrarsi agli zoom.
LA STAFFETTA – L’angolo cieco è dunque in quel fagottone di lamiere e il Napoli sa che lassù qualcuno lo ama, che quel qualcuno poi chiama: la pretattica ai tempi del Chelsea è un filo spinato da saltare via etere, nel vuoto cosmico d’uno stadio trasformato in «prigione» dalla quale, c’è da scommettere, Mazzarri tenterà di evadere per espellere le proprie tossine, ma (eventualmente) pure per inviare grazie ad un cellulare da rendere invisibile e attraverso un messo a bordo campo gli input utili al suo braccio destro, «schiacciato» su un bordo campo meno prospettico. «Garantisco: Frustalupi è bravo, a livello tattico è molto più bravo di me. E’ la mia garanzia» .
I SMOKE – L’altra faccia d’una sfida che sprigiona stress stroncanervi è però avvolta nella nuvola di fumo che finirà per inghiottire l’espressione viva di Walter Mazzarri, che nella sua zona franca da «esiliato» potrà almeno beneficiare della possibilità di spegnere la tensione attraverso quelle sigarette altrimenti negategli, boccate di nicotina per dominare la tensione e scacciare ogni pericolo d’emozione, già parata con una corazza d’autostima assai munita: «Io non sono particolarmente emozionato, perché ho esperienza alle spalle. Dal punto di vista personale, non cambia nulla: preparare il match con il Chelsea ha lo stesso valore che merita lo studio del Chievo».
FUORI DAL CORO – Le domande che sorgono spontanee restano appese in quel cielo blues, pardon azzurro, che illumina la Napoli di Mazzarri, e i passi sommersi nel clamore del san Paolo, in quel concerto da sessantamila voci, inseguono la gloria da un angolo sperduto, oltre la panca, però dentro il san Paolo: «Siamo orgogliosi di ciò che siamo riusciti a realizzare, ma non siamo noi i favoriti. Confido nella maturità e nella consapevolezza dei miei, affinché riescano a giocare la loro partita perfetta». Where is Mazzarri?
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