C’era anche Stefano Palazzi ieri a Castelcapuano. Nella vecchia dimora del Tribunale napoletano, il procuratore federale ha preso parte alla manifestazione «Toghe e medaglie» per celebrare i meriti degli avvocati con oltre 40 anni di servizio. Elegante come sempre, nemmeno in presenza di colleghi e amici ha fatto previsioni sul caso Napoli, limitandosi a qualche timido sorriso prima di infilarsi in auto e andare via.
La questione, mai sopita, è prepotentemente attuale visto che giovedì, la Corte federale discuterà l’appello presentato dal Napoli contro le decisioni di primo grado della giustizia sportiva: due punti di penalizzazione alla squadra e sei mesi di squalifica per Cannavaro e Grava.
«Il Napoli vive una situazione paradossale – dice Francesco Caia, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati napoletani – la penalizzazione è una sanzione troppo pesante rispetto al comportamento tenuto dal club in questa vicenda. Non c’è dubbio che la norma sulla responsabilità oggettiva vada necessariamente rivista, il calcio deve adeguarsi ai tempi moderni, il suo sistema è troppo arretrato. Nel caso degli azzurri, due punti tolti o restituiti possono decidere un’intera stagione: non è giusto visto che i fatti risalgono a due anni fa».Per Caia proprio il «caso Napoli» deve rappresentare la spinta necessaria per compiere il passo decisivo. «È giunto il tempo delle innovazioni: cambiano tutti gli ordinamenti, quello del calcio è ancorato a princìpi spesso anacronistici. Spero che il Napoli, club virtuoso e in piena sintonia con il fair-play finanziario, ponga adesso la questione in maniera seria e forte. La responsabilità oggettiva può resistere ma solo per casi estremi, quello del Napoli è invece un paradosso assurdo e ingiusto».
Anche l’avvocato Sergio Longhi, che presiede l’associazione «Azzurra Lex», sollecita la revisione di alcune norme dell’ordinamento sportivo. «Malgrado un sempre più vasto movimento d’opinione spinga per l’abolizione del principio della responsabilità oggettiva, la Commissione Disciplinare ha confermato un certo automatismo della relativa applicazione, dichiarandone l’assoluta inderogabilità: ma il caso Napoli può e deve aprire una riflessione serena e costruttiva sulle prospettive di revisione dell’istituto della responsabilità oggettiva, così come attualmente disciplinato nell’articolo 4, quanto meno in riferimento ad ipotesi nelle quali la società risulti danneggiata in senso sportivo dalla condotta dei propri tesserati ed abbia posto in essere tutte le misure idonee a prevenire comportamenti illeciti da parte degli stessi. Chissà che non stiano maturando i tempi perché si affermino ipotesi di esclusione della responsabilità del datore di lavoro, sulla falsariga di quanto già avvenuto nella giurisprudenza ordinaria di legittimità».Se una norma è in vigore, va rispettata, piuttosto ci si adoperi a cambiarla se ritenuta poco congrua: questo in sintesi il parere di Eduardo Campese, magistrato presso l’Ufficio di massimario della Corte di Cassazione. «Compito del giudice è applicare la legge anche se quello calcistico è un contesto particolare. Sul caso Napoli, da tifoso mi faccio alcune domande e rispondo con fede e passione visto che la questione può condizionare un’intera stagione. Da giurista sono più distaccato e freddo e dico: probabilmente il principio della responsabilità oggettiva è odioso ma è una norma in vigore, tra l’altro accettata da tutti i tesserati, e come tale va rispettata perché ogni Paese civile vive basandosi sul rispetto delle regole”.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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