Non chiamatela solo una partita di Calcio. Sarebbe troppo riduttivo per narrare un evento capace di generare emozioni, trepidazioni, paure, tensioni. Capace di far riversare per strada un onda indecifrata di persone che per una notte – almeno per una notte – liberano la mente dai pensieri, dai dolori, che affliggono la quotidianità. E allora giu’ tutti. Tutti ad esprimere, come meglio si crede, l’amore incondizionato per la propria squadra del cuore. Non esistono limiti di età, sesso o religione. Quella per il Napoli è una malattia che non fa prigionieri, l’azzurro ti penetra sotto pelle, filtra nelle vene e finisce nel sistema circolatorio.Una giornata cominciata piu’ presto del solito; dalle prime luci dell’alba si nota che non è un giorno normale, almeno non è un giorno come tutti. Vai in bagno, ti lavi i denti, vai a lavoro: in officina, in ufficio, per strada, l’occhio cade inevitabilmente sulle lancette dell’orologio che accorciano sempre piu’ l’appuntamento con la storia. Il cammino che porta dritto alla “coppa con le orecchie” parte da Villarreal. Per accorciare longitudine e latitudine non occorre salire a bordo del satellite, per un match d’altri tempi, basta pure il tubo catodico con il primo canale e così tutti pronti al fischio d’inizio. Dopo piu’ di un’ora passata a morderci le labbra, cuscini del divano e qualunque altra cosa – commestibile e non – si trovasse nei paraggi; Dopo l’ennesima invocazione di Santi inventati all’occorrenza con una beatificazione in extremis per le poco rassicuranti notizie che sopraggiungevano dall’altra sponda del Tamigi, arriva la parabola liberatoria – piu’ che mistica – di San Gökhan Inler da Olten. Lo svizzero – fin li spettatore piu’ fortunato di noi – trafigge l’estremo difensore iberico e incipria in nostri volti pallidi. Per il raddoppio lo strazio è leggerissimo, passano appena dodici giri di lancette quando Hamsik “Vede San Pietro sulla traversa” – proprio come Fantozzi nella partita tra scapoli e ammogliati – a differenza del ragioniere però per lo slovacco la visione mistica è segno che la festa sta per cominciare. Mancano solo altri tredici minuti al fischio finale del Norvegese Moen. Sembra un sogno, a riportarci alla realtà è l’entrata in campo di Gianluca Grava: Il collante naturale tra il tifoso e il giocatore. Il semidio che ha il privilegio di sedere al simposio della vittoria con gli altri Dei, mentre a noi – comuni mortali – è concesso solo osannarli sacrificando le nostre ugole tremolanti con un commosso: Oj vita… oj vita mia…
Servizio a cura di Tommaso Lupoli
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