Il sensazionale Milan di Capello, detentore dello scudetto, si fermò a 58 gare di imbattibilità in campionato: accadde il 21 marzo 1993, nella sfida di San Siro col Parma della 24.ma giornata, con i rossoneri primi in classifica a quota 40 e i ducali noni con 24 punti. Allenatore di quella splendida squadra di provincia era Nevio Scala, pochi mesi dopo vincitore con gli emiliani della Coppa delle Coppe.
Che ricordi ha di quella partita?
«Indimenticabili, compresa la prodezza di Tino Asprilla che ci consentì di violare il Meazza e di battere lo straordinario Milan. Preparammo quella partita come le altre senza farci condizionare dall’imbattibilità rossonera: scendemmo in campo con una convinzione dei nostri mezzi incredibile, giocammo una splendida partita e avemmo anche un po’ di fortuna quando il Milan non riuscì a segnare nonostante i tanti attacchi. Fermare la loro imbatibilità è stato uno dei nostri tanti piccoli-grandi successi dell’epoca».
Quale fu il fattore che consentì al Parma di riuscire là dove tutti avevano fallito?
«Il giusto mix di leggerezza e voglia di impresa. Eravamo in forma e affrontammo il Milan con la testa libera, consci della superiorità degli avversari. Tuttavia caricai molto la squadra, anche se non ce n’era bisogno, tenendo tutti sulla corda in modo da convincerli che nel calcio tutto è possibile, basta avere organizzazione tattica ed enorme sicurezza. Quel Parma non aveva paura di nessuno perché insistevo nel portarli ad un passo dalla presunzione ma mai oltre. E poi quella squadra si esaltava quando c’erano imprese titaniche da compiere: la vittoria con il Milan come i trionfi nelle varie coppe».
Si può fare un parallelo tra il suo Parma e il Napoli di Mazzarri, chiamato a fermare a 48 gare l’imbattibilità bianconera?
«Mi piacerebbe, ma non perché sono contro la Juventus o a favore degli azzurri: il calcio è fatto di grandi numeri e di piccole imprese, le cose si ripetono. Se il Napoli vuole essere da scudetto deve dimostrare di essere all’altezza della Juve. Gli azzurri devono credere nell’impresa: ci vogliono fortuna, convinzione, organizzazione, tante componenti che in una serata devono coincidere. Il Napoli è una realtà importante del calcio italiano a prescindere da quello che accadrà a Torino».
Quanto la inorgoglisce vedere che le due capolista adottano la difesa a tre?
«Molto, se devo essere sincero, perché già all’epoca il mio schieramento a tre era criticato e considerato difensivo. Era invece un modulo che avevo studiato e provato a Reggio Calabria prima di perfezionarlo a Parma. In ogni caso parlare di 3-4-3 o di 3-5-2 è sbagliato, i moduli variano a seconda dei momenti della gara. Con Grun che avanzava in mediana io giocavo talvolta a due dietro, così come capitava di schierarci a cinque o con una sola punta. Conte e Mazzarri sono due ottimi allenatori che applicano questo modulo al meglio e non posso che esserne felice, da osservatore esterno».
C’è una favorita in questa sfida?
«La Juve, anche se di poco, avendo lo stadio dalla propria parte. Sono convinto che ci saranno molti tifosi azzurri e sarebbe simpatico vederli gioire, ma i bianconeri partono con un leggero vantaggio».
Quale può essere la chiave tattica del match?
«Molteplici, però è vero che nel duello Hamsik-Pirlo può incidere sul risultato. La Juve con Pirlo ha trovato un giocatore incredibile. Se il Napoli riuscirà a ridurre il suo campo di azione può venir meno gran parte del gioco bianconero. Se Mazzarri trova gli accorgimenti giusti per limitarlo allora il Napoli beneficerà di diversi vantaggi».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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