Una dichiarazione lasciata in eredità da De Laurentiis qualche anno fa, facciamo un paio o giù di lì, è diventata la realtà. Azzurra ma anche Albiceleste. E poi Roja, Celeste e Cafetera. Sì, insomma, napoletano-argentina. Cileno-uruguaiana e un po’ colombiana. Napoli o Napoles? Alla sudamericana, certo, mica per dire, perché con una lista sempre più lunga di giocatori latini, la musica napoletana è ormai affare di pochi: undici uomini, undici hombres su ventisei componenti. Di cui undici sono italiani, due svizzeri, uno macedone e uno slovacco. «Voglio un Napoli sempre più sudamericano», disse il presidente nel 2010. A novembre. Beh, detto e fatto.
A TUTTA ARGENTINA -E allora, l’elenco: in testa c’è la pattuglia degli argentini, con Lavezzi capofila e poi Campagnaro, Fernandez, Fideleff, Santana e Chavez luogotenenti; sei in totale e una valanga di emozioni e suggestioni. Sai com’è, da queste parti comanda sempre un certo Diego da Villa Fiorito. Ma questa è un’altra storia. Dicevamo: è argentino anche l’unico straniero tesserato del settore giovanile (Varisco, un portiere della scuderia di Mazzoni, il manager del Pocho). Poi, alfieri d’Uruguay, Britos, Cavani e Gargano; il colombiano Zuniga e l’ultimo arrivato, il cileno Vargas.
NO BRAZIL- Anima sudamericana, insomma. Che, però, si ferma alla dogana del Brasile: neanche un acquisto brasiliano dal gennaio 2005, cioè da quando Pià fu prelevato dall’Atalanta.In realtà in estate anche questa frontiera ha rischiato di cadere, ma poi ha solo vacillato dinanzi alla possibilità di acquistare il giovane Juan, difensore dell’Internacional di Porto Alegre in odore di Inter, che all’ultima curva fu trattenuto in patria e sostituito, manco a dirlo, da un altro argentino, Fideleff.
IL GRUPPO- Il quadro è questo. Chiaro come il sole. E la musica è sempre più la cumbia tanto amata da Lavezzi e Zuniga, o al massimo il reggaetòn. Scoppiano le casse negli spogliatoi. E la scena di Zuniga che arriva a bordo della sua automobile con questi ritmi sparati a mille è un po’ il simbolo dell’anima del gruppo. Lui, Camilo detto Cami, è anche una sorta di mascotte: lo stuzzicano molto soprattutto Lavezzi e Gargano, ma sempre con affetto estremo, e famose sono le cene a casa del Pocho. A Marechiaro: asado per tutti, cioè carne alla brace cucinata con tutti i crismi da Eze, abilissimo davanti alla griglia quanto in campo.
IL NUOVO -Periodiche le riunioni, cui adesso prenderà parte anche Vargas: dicono che sia uno che ama ridere e far ridere, che sa fare gruppo insomma. Di spazio a tavola ce n’è, come del resto nello spogliatoio e in ritiro, teatri di un altro rituale: quello del mate, dell’infuso dell’amicizia che i sudamericani di lingua spagnola sorseggiano dallo stesso contenitore, una sorta di pipa aperta, come gli inglesi fanno con il tè. Anche le rispettive compagne sono molto legate tra loro, e non è raro vederle insieme in giro per la città.
IL COLPO- Anima sudamericana fuori e in campo. Dove Lavezzi dirige l’orchestra, Cavani infilza portieri, Zuniga corre, Gargano ci mette cuore e polmoni, Campagnaro i muscoli. Fernandez studia, apprende e cresce; Santana, Fideleff e Chavez sperano di trovare più spazio. Come Edu. Cioè Vargas: lui ha dichiarato di voler entrare in squadra in punta di piede, ma è bene che metta punta, tacchi e fantasia soprattutto in partita. Il talento del nuovo corso è costato più di tutti gli altri. Più del doppio di Lavezzi, che fu acquistato per poco più di 5 milioni di euro: dalle loro parti, quando i giocatori esplodono, li chiamano i “craque” del mercato. Termine da carezzare con cura.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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