«Sono d’accordo, meglio che mi faccio vedere. Non mi spavento a parlare». Accetta, con disinvoltura, l’invito dei dirigenti della Figc di presentarsi per incontrare i media. Anche inglesi. Così si evitano malintesi, pettegolezzi e provocazioni. Perché Mario Balotelli è l’uomo del match. Almeno prima dell’inizio, stasera alle ore 21,45 di Kiev, un’ora in più che da noi. Giovane attaccante come il rivale Welbeck, entrambi di origini ghanesi. Due ventunenni contro in questa sfida antica. Con ricordi ormai lontani. L’ultima volta in un torneo, nel luglio del ’90, per il terzo posto nel mondiale italiano. Nell’Europeo, sempre a casa nostra, addirittura dieci anni prima, nel giugno dell’80. Due successi degli azzurri. Poi solo amichevoli, l’ultima decisa da una doppietta di Montella a Leeds nel 2002.
All’Olympiyskiy ci sono in palio la semifinale e la Germania di Loew. Troppo facile vederla solo come l’Inghilterra di Hodgson, che ha vinto il suo gruppo, anche a sorpresa, contro l’Italia di Prandelli. Non è da noi e figuriamoci se lo può essere per i nostri rivali d’oltremanica. È più Balotelli contro tutti. Perché dal 13 agosto 2010 è giocatore del City e il 13 maggio ha vinto la Premier con il Manchester di Mancini senza aver rispetto per quello di Ferguson, lo United. Perché in poco meno di due anni lì si è scatenato. Gol, espulsioni e donne, bravate di ogni genere, oltre alle giocate da campione. E, ovviamente, tabloid all’assalto. Ma critiche anche in Italia. «A me non importa niente se vi farò divertire o arrabbiare. Io voglio giocare, come tutti i miei compagni, una bella partita. E vincerla».
«Io sono più uomo che Peter Pan, anche se il mio manager, per essere simpatico, può anche averci preso. Perché posso essere pure Peter Pan. Per il mio modo di comportarmi: faccio quello che voglio io. Perché mi va di sentirmi libero». Balotelli sa che Daniele De Rossi gli ha rammentato di essere diventato ometto e quindi non più bambino da svezzare in Nazionale. Il suo procuratore Mino Raiola lo ha avvicinato all’eterno ragazzo. «Sono due metafore che riguardano comunque la persona e non il calciatore. Quindi non c’entrano niente con la partita». Per Milner è giocatore dai due volti. «Il Mario che sono non devo dimostrarlo a nessuno, nè agli inglesi nè agli italiani, perché chi mi conosce veramente sa come sono».
Sa scegliere i termini giusti per affrontare il pubblico. Spigliato come in campo. Risponde in inglese. Chiede di ripetere quando non capisce. «A me mancava solo il gol che meno male ho trovato. Non avevo alcun problema, però. Non ero in lite con la squadra nè a casa, in famiglia. Io sto bene. Questa maglia la sognavo da bambino. È normale emozionarsi un po’ a giocare vestito d’azzurro in un Europeo, visto che era per me la prima volta. Non è che ero bloccato. Volevo segnare e ci sono riuscito. Non sto con il culo nella Nutella come ha scritto qualcuno». Prandelli è lì, in mezzo Barzagli. Il cittì vuol sapere chi gli ha dato del viziato. SuperMario lo accontenta.
«Non ho spiegato come gioca l’Inghilterra ai miei compagni, nè quali sono le caratteristiche di chi sta con me al City» avverte Balotelli che, da due giorni, è stato raggiunto da Enock, 19 anni, il fratello più piccolo. «È divertente giocare contro i miei amici. Conosco Hart, Lescott e Milner. E loro sanno tutto di me. Ma io non temo nessuno e spero che vinca l’Italia. Me lo auguro con tutto il cuore. Non parlo di esultanza, perché prima devo segnare… Il gol all’Irlanda è stato molto importante per me». Come le critiche di Prandelli. «Non puoi far bene in tutti i momenti di una partita che può durare un tempo, due, alcuni minuti o un’ora. Servono per migliorare». E per tornare titolare, come stasera. Nel suo match.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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