La rivoluzione culturale, cioè addio catenaccio, giochiamo al calcio sempre e comunque, è a buon punto. E così Cesare Prandelli, fiero del proprio lavoro, guarda molto al di là della semifinale di giovedi a Varsavia contro la Germania. «Nessuno vuole dimenticare il nostro passato, ma possiamo offrire un calcio propositivo. Anzi, dobbiamo farlo. E noi sentiamo la responsabilità, il dovere di provarci: se a livello giovanile siamo 17esimi nel ranking Uefa, vuol dire che c’è qualche problema. Se nei prossimi anni non vogliamo vedere mondiali e Europei davanti alla tv, dobbiamo darci una mossa. E il messaggio deve partire dall’alto: non siamo venuti qui con il braccino corto, non siamo venuti qui per speculare», spiega.
Il suo manifesto programmatico, in linea teorica, non fa una piega. «Le grandi squadre alzano la linea di difesa e non hanno paura di giocare, contro qualsiasi avversario. L’Italia, che cresce partita dopo partita, vuole misurarsi con tutti giocando a calcio. In queste quattro gare abbiamo avuto il coraggio di provarci e siamo stati premiati. Ci sono tanti modi per arrivare al risultato ma, ripeto, noi siamo obbligati a seguire questa strada. E forse per la prima volta i ragazzi si rendono conto di avere qualità straordinarie. Hanno acquisito sicurezza perché hanno aumentato le proprie conoscenze».
Belle parole, certo, ma la realtà viene determinata dai fatti: l’Italia è in semifinale, però segna poco o niente. A Kiev 35 tiri verso Hart, zero reti. Prandelli risponde senza rispondere. «La partita con l’Inghilterra era la più difficile per Balotelli e Cassano: un avversario che giocava con difesa e centrocampo in quindici metri. Mario è stato un punto di riferimento, non ha fatto salire i due centrali e gli è mancata solo un po’ di fortuna perché sulle quattro, cinque occasioni lui c’era. La sua prova è più che sufficiente. Antonio è andato al tiro tre volte, è alla quarta gara in pochi giorni dopo tanti mesi di inattività: sappiamo che può soffrire il ritmo-partita, ma averne di giocatori come lui anche per 40, 50 minuti…. Dobbiamo arrivare nella zona cruciale convinti di chiudere le azioni. Siamo sulla strada giusta per vincere».
Sotto con la Germania. «È molto forte, ma nessuno è invincibile. Purtroppo abbiamo poco tempo per recuperare, due giorni in meno rispetto a loro sono tanti, il 50% in meno. E giocare una semifinale con tale disparità non è sinonimo di spettacolo. L’Uefa dovrà affrontare il problema calendario nel prossimo torneo: o allunga il calendario o cambia. Giovedì dovremo mettere in campo una squadra atleticamente viva, ci sarà da lottare. Spagna e Germania sono veramente forti, ma tutte in qualche momento concedono qualcosa. Non staremo chiusi davanti alla nostra area: preferisco subire un gol in contropiede, ma me la gioco. Difesa è anche fare il 68% di possesso palla. Voglio un’Italia generosa e coraggiosa». Finalino mezzo polemico. «Qualcuno adesso vuole salire sul nostro carro? Nei tackle siamo abbastanza bravi, qualche calcione lo sappiamo dare. E poi a me piace tenere i sassolini nella scarpa…», minaccia Prandelli, applaudito da alcuni cronisti al suo arrivo in conferenza-stampa.
E ieri nuovo pellegrinaggio per il ct e lo staff. Dopo i 21 km all’Eremo dei Camaldolesi per la vittoria sull’Irlanda, Prandelli e staff hanno percorso 11 km verso un’altra meta sacra, un convento vicino Wieliczcka.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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