«E allora, che facciamo, andiamo a casa?». Cesare Prandelli sgrana gli occhi. Davanti ha la Germania. E la inquadra bene. Perché vuole la finale di Kiev e non fermarsi qui a Varsavia. Il cittì azzurro conosce il valore degli avversari, 15 successi di fila, sa che sono più giovani e che segnano di più. Ma scherza sul destino già segnato. «Perché non è così. Noi ce la giochiamo, senza farci impressionare da tutto questo. Siamo preparati per sfidare anche una nazionale così in forma. Quando mi addormento la sera, di solito sogno solo cose fantastiche. Chissà, magari mi aspetta un’altra notte meravigliosa».
Prandelli non si nasconde e va all’attacco della superpotenza tedesca. Non ha intenzione di modificare l’atteggiamento dell’Italia solo perché la Germania è più pericolosa di altre rivali incrociate in questo Europeo: «Sarebbe da immaturi tornare indietro. Siamo nati per comportarci in questa maniera. Abbiamo solo un’arma e dobbiamo usarla bene: è il nostro gioco. Sarebbe brutto e stupido nel momento della verità proporne uno diverso da quello che conosciamo». Fa un’ammissione: «So che significa rischiare qualcosa. Ma io intendo giocarmela come sempre. È la nostra via e non vogliamo abbandonarla. È una gara aperta. Non dobbiamo, però, essere scolastici, sarebbe una grande limite. Punto sul centrocampo, tra i migliori in Europa: ha qualità, tecnica, fantasia e anche forza. Loro ci verranno a pressare altri. Dovremo essere coraggiosi a palleggiare bassi».
Loew chiarisce che la Germania non è affatto spaventata. Prandelli gli dà ragione. «Non ha paura di noi. Da due anni sta andando avanti con una sua impronta. Ha avuto una crescita costante. Di fronte troveremo una squadra convinta e senza timidezza. Capace di ribaltare ogni azione. Ha un modo di giocare molto marcato, ne conosciamo i pregi. Per questo possiamo anche a cambiare in corsa». L’appuntamento lo eccita: «Sarà un match affascinante che mi appresto a vivere con serenità e gioia. Un po’ mi vergogno, ma in questo periodo ho la pennichella facile». Il pericolo è che molti abbiano la lingua di fuori, avendo due giorni di riposo in meno e i supplementari e i rigori di Kiev nella testa e nelle gambe. «Mentalmente e anche fisicamente stiamo bene, non possiamo avere alcun pensiero negativo. L’adrenalina è la stessa di domenica sera. Quando entreremo in campo la stanchezza sparirà».
Pur non annunciando la formazione, è probabile che confermi in avanti Balotelli e Cassano. SuperMario, nonostante gli errori da finalizzatore, sta crescendo: «È un ragazzo di vent’anni che ha vissuto cambiamenti radicali. Il fatto che voglia avere un contatto quotidiano col fratello per me è bello. È il fratello che è venuto a trovarlo, non il contrario. Non ho difficoltà a comunicare con lui, ma tanta curiosità, per capire che emozioni può provare e che sacrifici vuole fare per diventare un grande giocatore». Totò, fiacco contro l’Inghilterra, non si discute in questo Europeo. «Parlare di minutaggio è offensivo e superficiale. Riduttivo. Non mi interessa quanto può dare, guardo l’intensità e la qualità». La frase più coinvolgente nell’incontro con i media è comunque proprio sugli attaccanti. Finora l’Italia ha segnato poco, solo 4 reti (media di una a partita): «Sarebbe troppo scontato chiedere loro di far gol. Gli farò un discorso semplice: di pensare la cosa giusta quando entrano in area, evitando l’ansia. Può condizionare il rendimento. Ma se riusciremo a creare come nella gara di Kiev avremo molte chance di vincere. Fatico a pensare alle partite successive. Prima della finale, concentriamoci: questa è la Germania».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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