Ci voleva il Presidente della Repubblica ad aprire un fronte che il Viminale, attraverso i suoi tecnici più qualificati, da tempo sta provando a forzare. Ora bisogna vedere come si metteranno le società di calcio, chiamate in causa direttamente da Giorgio Napolitano, che ha inaugurato la mostra promossa dalla Figc “La Nazionale tra emozioni e storia. Un secolo di calcio azzurro” all’Auditorium Parco della Musica. Il Presidente è arrivato alle 18,30. Inevitabile che le domande a visita finita vertessero sul brutto spettacolo di sabato sera allo stadio Olimpico di Roma, per la finale di quella coppa che è pur sempre la Coppa del Presidente. «Ho sentito interventi molto severi a vario titolo. Il ministro dell’Interno ha detto nessuna trattativa con i facinorosi. Giustissimo e io dico che questo monito deve valere anche per le società di calcio e i presidenti che devono rompere certi legami con aggregati che vengono chiamati tifoserie i cui presunti capi fanno capo a organizzazioni criminali» . Beh, non c’è che dire: la botta forse se l’aspettavano in pochi ma Giorgio Napolitano l’ha data.
C’è un solo calcio. «Esco da una mostra che ci ha fatto riconoscere il calcio che amiamo, il calcio che amano tutte le generazioni, dagli anziani ai bambini. E per fortuna si sono viste le immagini di quei bambini che erano all’Olimpico sabato sera, che hanno salvato l’immagine del calcio italiano. La Nazionale è parte integrante del sistema Paese. Questo è il solo mondo del calcio che conosciamo, perché non ce ne sono due. Il resto appartiene al peggio degli odi delle squadre che competono tra loro, con la violenza e persino con la criminalità» . E’ duro Napolitano, duro come le circostanze richiedono. Fermo. «Purtroppo in Italia ci sono focolai di violenza, di illegalità, di estremismo, vanno messe in quel contesto una serie di figure e di comportamenti. E purtroppo questo ha investito il mondo del calcio, ma è lo specchio di un crisi morale, di valori e comportamenti che rappresenta un pezzo del Paese».
E qui l’affondo diretto del Capo dello Stato: «Poi non parliamo di chi ha il coraggio di invocare la libertà di chi si è macchiato dell’uccisione di Filippo Raciti: ho parlato con la vedova dell’ispettore deceduto e gli ho detto che gli sono vicino come tutti gli italiani onesti» . Napolitano indica la strada: «Ho sentito molti interventi risoluti e propositi forti, da parte del presidente del Consiglio, del ministro dell’Interno. Io dico che occorrerà molta severità e una serie di interventi mirati su vari piani. Il calcio deve tornare ad essere gioco, grande spettacolo, rito collettivo. Sono convinto che verranno compiuti i passi necessari e ci sarà una grande movimentazione delle coscienze» . La domanda finale è fatidica: Presidente, ci fosse stato avrebbe consegnato la Coppa? E Napolitano chiosa: «Ho sentito il presidente del Consiglio chiedersi se restare o andare via, sabato, e rispondersi “il calcio a quelli là non glielo lascio”. Ecco dico che faccio mia quella battuta. Avrei pensato così» .
E qui l’affondo diretto del Capo dello Stato: «Poi non parliamo di chi ha il coraggio di invocare la libertà di chi si è macchiato dell’uccisione di Filippo Raciti: ho parlato con la vedova dell’ispettore deceduto e gli ho detto che gli sono vicino come tutti gli italiani onesti» . Napolitano indica la strada: «Ho sentito molti interventi risoluti e propositi forti, da parte del presidente del Consiglio, del ministro dell’Interno. Io dico che occorrerà molta severità e una serie di interventi mirati su vari piani. Il calcio deve tornare ad essere gioco, grande spettacolo, rito collettivo. Sono convinto che verranno compiuti i passi necessari e ci sarà una grande movimentazione delle coscienze» . La domanda finale è fatidica: Presidente, ci fosse stato avrebbe consegnato la Coppa? E Napolitano chiosa: «Ho sentito il presidente del Consiglio chiedersi se restare o andare via, sabato, e rispondersi “il calcio a quelli là non glielo lascio”. Ecco dico che faccio mia quella battuta. Avrei pensato così» .
Fonte: Corriere dello Sport
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