Mica una sola partita, ma tanti segmenti per comporne varie, per descrivere scenari, per esaltare e/o deprimere, per lasciare il Napoli stordito, psicologicamente sgretolato e concedere al Palermo una dimensione favolistica già consegnata dal pari con l’Inter e poi rinforzata da un 3-3 al san Paolo che si può sempre raccontare, un giorno. Mica una sola partita, ma un concentrato di stati d’animo e di diapositive che denudano l’attuale «impotenza» del Napoli ed ingigantiscono la sfrontata autorevolezza d’un Palermo cui Iachini non solo da dato un gioco ma anche un carattere di ferro. E’ 3-3 e sarà una stagione lunga (e ora pure inquieta) per il Napoli, ma verrà un autunno lieve per il Palermo, perché in quelle gambe c’è adrenalina che tiene vivi.
L’IMPRESSIONE. Chissà cosa accadrà, certo, però intanto perché sia una serata sconsigliata ai cardiopatici, Napoli e Palermo danno il meglio e anche il peggio di sé in un avvio che sa di santa Barbara, con fuochi pirotecnici che s’accendono e poi piombano in un oceano d’errori che provvedono a cancellare la gioiosità di quel momento. Per un quarto d’ora, il monologo è in vernacolo partenopeo e ciò ch’emerge dal san Paolo è l’espressività d’una squadra che non è risorta ma dà segni di vitalità, esplode nella fisicità di Koulibaly (2’: stacco nell’area intasata per l’1-0 dall’angolo) e poi sembra stia per straripare sul 2-0 suggerito da Hamsik (in sospetto fuorigioco) ad uno Zapata perfido. Il Palermo non s’intravede, incenerito da due fiammate o forse no soltanto ustionato: perché per cicatrizzare la ferita impiega quattro minuti con la fotocopia, ad area invertita, e l’1-1 di Belotti che brucia Koulibaly nella deviazione. L’estasi, il tormento, lo smarrimento e l’esaltazione che si capovolgono e ora sono palermitane: ci sarebbe un rosso per l’entrata scomposta di Bamba su Zapata, ma non esistono tempi inutili in una partita per cuori fortissimi e la percussione di Morganella (24’) fila liscia sulla superstrada lasciata libera da un Napoli spaccato (?) pure per il tap in di Vazquez. Due gol al san Paolo, sessantatré anni dopo.
L’EQUILIBRIO. Il san Paolo se ne sta «spalla a spalla» con Benitez, con il Napoli, intuendone i disagi, le difficoltà, resistendo ad alta voce, aspettando che qualcosa succeda, ma intanto il Palermo s’è sistemato, ha superiorità in mezzo al campo, va frontalmente sui portatori, coglie le difficoltà di Hamsik e pure quelle degli esterni (su cui c’è raddoppio) e pare controllare anche la luna (storta) d’una avversaria sotto choc, che fatica a verticalizzare o a dar ritmo e dunque potrebbe esser punito se la ripartenza (44’) di Dybala fosse sostenuta da cinismo. Ma c’è poi la magia d’uno stadio che sembra comunque togliere pressione e che induce Gargano (46’) sull’ultimo pallone utile del primo tempo a raschiare nei propri fondamentali, scucchiando l’assist per il Callejon vero, quello dei venti gol: palleggio da applauso, poi, zac, la rasoiata del 3-2 che fa male al Palermo e pare tagliare la tensione che comunque è in quel Napoli.
A VISO APERTO . E’ inutile starsene là dietro a difendere il vantaggio o l’onorevole sconfitta e Napoli-Palermo resta vibrante e un Gargano esemplare provvede a spostare il baricentro della sfida sul piano dell’intraprendenza con un assist (14’) per Zapata strozzato dal provvidenziale Sorrentino mentre a Belotti viene lo sfizio di esaltarsi con un palo (14’) e un’irruzione fatale (o letale, fate un po’ voi) creata dal tacco di Vazquez, dalla percussione di Dybala e dall’erroraccio di Koulibally. E’ 3-3 e non c’è modo d’annoiarsi, tra praterie lasciate da un Napoli ripiombato nelle tenebre della crisi e un Palermo che è sfacciato, in un confronto ch’è tattico ed anche psicologico, fino allo sfinimento (atletico) d’entrambe: dentro Higuain, debutto di Emerson ma la cronaca è altro, è nei fischi del san Paolo, nella crisi ufficiale del Napoli, nell’orgoglio del Palermo in quei segnali che alla quarta giornata hanno già un valore per il futuro.
Fonte: Corriere dello Sport
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