Arriva la pausa natalizia ed è tempo di bilanci: se il Napoli vuole coltivare seriamente qualche ambizione ci sarà da fare qualche ritocco, sulla rosa e sull’undici in campo. Intanto a Siena tornano i tre punti, confermando il trend del “gioco brutto ma vincente”.
Quasi novanta minuti di noia e calcio di cattiva qualità a Siena, fra due squadre in difficoltà e bloccate dalla necessità di risollevarsi da un momento negativo, per prestazioni e risultati. Ma i padroni di casa alla fine hanno pagato uno spessore tecnico complessivo piuttosto scadente, a vantaggio di un Napoli che, pur in una fase decisamente calante, annovera pur sempre dei campioni in rosa. Al “Franchi” si sono visti errori a ripetizione, ritmo molto blando e squadre adagiate sullo 0-0 quasi per pigra comodità. Soprattutto il Napoli che, tolta una fiammata ad inizio ripresa, sembrava accontentarsi, forse per stanchezza atletica, di poggiarsi sugli evidenti limiti qualitativi del Siena, che pur impegnandosi non riusciva ad impensierire in alcun modo la retroguardia azzurra. Copione rimasto invariato fino alla sfuriata finale, quando Hamsik si è svegliato e ha trascinato i suoi verso il vantaggio, riuscendo a far segnare persino Maggio, che nelle gare precedenti era riuscito a sbagliare una quantità inverosimile di gol facili facili. E così la formula già andata in scena a Solna e Cagliari ha funzionato di nuovo: accettare realisticamente i propri problemi attuali e trarne il massimo possibile per il risultato. Proprio come in Svezia e in Sardegna, il Napoli ha vinto fuori casa segnando nel finale (contro il Cagliari intorno alla mezzora della ripresa), pur facendo vedere davvero poco ed adeguandosi ad un avversario modesto.
Le pecche maggiori, a Siena, le ha mostrate il centrocampo, ma era prevedibile viste le assenze di Inler e Dzemaili. L’impostazione ne ha risentito enormemente, anche perché nessun azzurro ha cercato di chiamar palla, dettare un passaggio, aiutare la manovra. L’esito è stato un interminabile palleggio fra i tre della difesa, ad incrementare una percentuale di possesso nettamente a favore del Napoli ma altrettanto sterile. Anche perché le carenze dei due di fascia continuavano a palesarsi, non tanto per impegno e corsa quanto soprattutto per la qualità nei piedi: sia Zuniga che Maggio hanno trovato ancora troppe difficoltà a mettere anche un solo cross a centro area. Hamsik non può fare tutto da solo, e di fronte ad un’incapacità di costruire azioni precise e performanti, anche i due o tre dell’attacco sono rimasti isolati e fuori dal gioco. La difesa, a Siena, ha dovuto limitarsi a gestire una situazione piuttosto facile, facendolo con ordine ed efficacia. Fondamentale schierare Britos centrale (su Rosina, l’uruguaiano sarebbe stato troppo lento; allo stesso tempo, il difensore azzurro più forte di testa non poteva restare troppo distante da Calaiò). Come vice-Cannavaro, visto lo stato di forma di Fernandez, Britos è un’alternativa, anche se negli appoggi e nei lanci è molto più incerto e impreciso di Paolo.
Su difesa e centrocampo ci sarà molto da riflettere in questa sosta invernale, sia per risistemare la squadra tatticamente che per intervenire sul mercato. Al momento, l’ipotesi di una cessione di Campagnaro sembrerebbe suicida. Ma anche se rimanesse l’argentino, forse sarebbe necessaria un’integrazione, ammesso che si possa comprare un difensore di reale livello. Sorge legittimo anche un quesito: ma Uvini? Non sarebbe il caso di provarlo ancora, e capire che garanzie può offrire? Un po’ di coraggio nelle scommesse potrebbe risolvere dall’interno già un primo problema.
Per il centrocampo, invece, un acquisto sembra obbligatorio. Donadel, duole dirlo, ha dato fin troppe prove di essere inadeguato. Non per limiti tecnici, quanto per stato di forma, che stenta a ritrovare un livello accettabile. L’ex-viola corre davvero poco e resta nell’ombra per tre quarti di gara, finché ha la benzina per rimanere in campo. In interdizione è quasi assente, in costruzione si limita al minimo indispensabile, talvolta sbagliando anche appoggi facili. Behrami, dal canto suo, è una splendida sicurezza, ma da solo non può bastare. Inler va ad intermittenza, ma si può puntare su di lui. Dzemaili è un ottimo jolly ma non può tappare qualsiasi buco: serve assolutamente un centrale, dai piedi decenti e capace di fare schermo.
Proprio l’attacco, ovvero il reparto maggiormente indicato come spazio di necessarie integrazioni, sembra quello meno in difficoltà: permane il problema dell’imprecisione, ma non mancano gli uomini. Solo un’eventuale cessione di Vargas aprirebbe il bisogno di un nuovo elemento, in quel caso una vera prima punta che faccia rifiatare Cavani.
Ma il mercato è ancora lontano e c’è da lavorare prima di tutto con gli uomini a disposizione. Dopo gli sbandamenti della difesa, tormentone principale fino a novembre, il difetto dicembrino più ricorrente è stata una squadra spesso lunga e sfilacciata, senza collegamenti fra i reparti e con una fastidiosa repulsione alla corsa senza palla. Poco aiuto reciproco fra i giocatori, spesso fermi sul posto ad aspettare il pallone; difficoltà anche in ripiegamento, con l’inevitabile solitudine del trio difensivo che, pur colpevole in qualche caso, miracoli non può farne. Se in qualche periodo dell’anno la prestanza atletica non consente di esprimere brillantezza ed esplosività, va comunque migliorata la copertura di tutte le zone del campo (la Juventus è un ottimo modello in questo aspetto) e va resa più “intelligente” la corsa: in una squadra ben organizzata e ben disposta, c’è anche meno bisogno di sfiancarsi e di conseguenza il rendimento e la resistenza atletica aumentano. Quando invece una formazione tende a perdere l’orientamento ed allungarsi, è inevitabile che tutti debbano correre di più e si stanchino prima. Una squadra corta è in grado anche di aiutare i portatori e quindi migliorare la manovra, oltre a semplificare il lavoro di copertura e contenimento offrendo meno spazi agli avversari.
Non c’è dubbio che lo staff tecnico-tattico del Napoli sia sempre al lavoro su questi aspetti, ma se è così allora la squadra al momento non risponde bene alle direttive. La pausa potrà servire a riordinare un po’ le idee, e poi a pianificare al meglio le operazioni di mercato, che mai come adesso appaiono davvero fondamentali.
A cura di Lorenzo Licciardi
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