Non esultò neanche quella volta. Non è sua abitudine. E non perché sia altezzoso. Segnò, prese il pallone sotto braccio e se ne tornò di fretta a centrocampo. Senza fare una smorfia. Voleva ricominciare subito. C’era da fare ancora gol e il tempo, inesorabile, scandiva ansie e partimenti. Zapata l’attaccante che non esulta. E non si esalta. Sobrio, equilibrato, apparentemente musone. «Ma no, sono solo fatto così. E’ il mio carattere, sono tranquillo». Sta lì. S’aggira nei paraggi del portiere. Sembra svagato. Però sgomita, s’allunga, tira e spesso (numeri alla mano) fa gol. Quella notte illuse i 40mila. Porto avanti: qualificato. Per il Napoli solo applausi. E quel senso di rabbia misto a rimpianto. Zapata l’ultimo bomber azzurro in Europa League. Il vero nueve, il punterone d’assalto, l’omone d’area di rigore titolare, stasera che non c’è il Pipita, e bisogna far paura allo Sparta Praga. Lui più di Michu. In campo, dall’inizio. Lui centravanti, ruolo, e un po’ anche sport, che ha scoperto soltanto col tempo. Da ragazzino giocava a basket e la passione gli è rimasta: i mondiali li ha guardati tutti in tv. Pare avesse la mano morbida, precisa, dolce come quegli occhi da buon padre di famiglia. Zapata papà premuroso di Dantzel e Dayton, compagnone di tutti nello spogliatoio e ballerino provetto di musiche caraibiche. Il fisico era da cestista, i piedi da chi fa gol. Dubbi e tormenti fino a che non ha scelto, e alla retina del canestro ha preferito la rete della porta. L’Estudiantes di La Palta ancora ringrazia. Coi soldi della sua cessione ha sistemato i conti e lo stadio. La sua trattativa, un intrigo internazionale. Il Sassuolo era certo di averlo preso. Il West Ham e il QPR gli fecero fare anche un provino. Bloccati solo dai regolamenti sugli extracomunitari. C’era la Juve sullo sfondo. Ma la spuntò il Napoli. Con fatica. E non fu forse un caso se il contratto fu firmato in un ristorante dal nome «scusate il ritardo». Un anno di ambientamento. Totale. Mangiava patatine fritte. Sveglia comoda e andatura caracollante da campionato sudamericano. Capì subito ch’era arrivato in un altro mondo. Aveva cambiato calcio e anche il nome. «Per noi sarai Duvan, di Zapata ce ne sono troppi». Obbedisco. Il gol a Marsiglia un’emozione Champions. Doppiette con Catania e Verona e rete a Marassi contro la Samp. Quel pomeriggio scaraventò il pallone fuori pur di far rientrare dopo mesi il suo amico Zuniga. Zapata il bomber buono. In tutti i sensi, dicono i numeri. Sette reti totali la scorsa stagione, uno ogni 100 minuti. E domenica col Chievo un solo pallone e lo stava buttando dentro. Media da mercato. Il Torino l’ha pressato. E così Udinese, Verona, il Chievo e ancora il Sassuolo. I dirigenti del Feyenoord sono venuti anche a Napoli. «Resta qui, è il vice Higuain». E stasera tocca a lui. A Duvan Zapata.
Francesco Modugno per il Corriere dello Sport
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