In occasione dell’analisi tattica dopo la sconfitta in Europa (leggi l’articolo), si paventavano segnali di un preoccupante calo generale nella performance della formazione azzurra, mentre già nel Preview di Napoli-Sampdoria (clicca qui) si osservava che la batosta di coppa avrebbe potuto produrre due potenziali effetti: o caricare i giocatori di rabbia e adrenalina, o bloccarne le gambe per la tensione e l’insicurezza. Il secondo effetto sembra quello prevalso nelle teste degli azzurri contro la Samp, mischiandosi un po’ alla stanchezza e un po’ all’impossibilità di preparare bene la sfida, con due soli giorni a disposizione. Una serie di scusanti che però non bastano a giustificare una prestazione davvero opaca, nel giorno successivo alla disfatta romana della Juve, che piuttosto che motivare il Napoli sembra aver prodotto un’eccessiva pressione. Ma al di là delle congetture e dei tentativi di interpretazione, i fatti sono questi: l’undici azzurro, contro la Sampdoria, ha difettato ancora una volta in ritmo, coesione e precisione. La manovra è stata disordinata, distratta e improvvisata, con un numero spropositato di errori di misura. Inler e Hamsik hanno dato vita ad un’inattesa gara interna di palle perse, con lo svizzero davvero disastroso, capace di sbagliare qualsiasi tocco – anche i passaggi più elementari, – fallendo pure in fase di copertura, là dove si faceva spesso infilare dal rivale di turno. Hamsik, di suo, ha perso più palloni sbagliando gli stop, anche a causa dell’approssimazione degli appoggi e dei rifornimenti da parte dei compagni. Il palo è stato l’unico guizzo in una partita che lo ha visto davvero in ombra, nonostante fosse fra i meno impegnati in Europa.
Poca corsa senza palla e pigrizia nei fraseggi, con palle sempre difficili da addomesticare e gestire, si possono riassumere in una mancanza di spirito di cooperazione e gioco di squadra, che inevitabilmente determina una manovra lenta e macchinosa. Anche l’assedio finale del Napoli è stato sterile, perché viziato dai difetti sopraelencati, nonostante il tentativo – ormai un’usanza – di Mazzarri di incrementare l’incisività con un cambio di modulo: giusta (e forse tardiva) la scelta di togliere Armero e Britos (non Campagnaro: serviva un marcatore veloce) per Pandev e Zuniga, ma il 4-3-3 non ha portato i frutti sperati. Anche grazie all’accorgimento dell’allenatore in seconda blucerchiato, Fedele Limone, che ha arretrato De Silvestri sulla linea difensiva dirottando Costa sul lato destro, come terzino. La Sampdoria ha giocato una partita accorta, prudente, difensivista, aspettando i padroni di casa e provando a colpire al momento giusto. Nel primo tempo gli ospiti hanno avuto persino più occasioni, nella ripresa hanno retto con una certa tranquillità la pressione confusa dei partenopei.
A parte le lacune complessive, il Napoli è stato deficitario soprattutto sulle ali: Armero e Mesto hanno sempre buona volontà, ma pure chiari limiti tecnici con i piedi – non si può essere soddisfatti se dalle fasce non passa mai un cross degno di questo nome. E Armero, insieme a Britos, stava per combinarla grossa con un pasticcio difensivo nella ripresa, ma a metterci una pezza ci ha pensato il solito Behrami, ancora una volta uno dei pochi a tenere a galla la squadra. Insieme a Insigne, che soprattutto in avvio sembrava molto ispirato, prima di smarrirsi gradualmente anche lui. Molti si chiedono che fine abbia fatto Cavani: l’uruguagio paga solamente il momento-no dei compagni, ed è normale che non riesca a segnare, se di palloni veramente giocabili non ne arrivano più.
A cura di Lorenzo Licciardi
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