La cronaca separata dalle opinioni è un dispaccio d’agenzia che ha date con le quali ingiallire: giugno 2001, pare la preistoria, eppure è oggi o forse appena cinquantaquattro giorni fa e avrebbero dovuto saperlo, o almeno avvertirlo, o intuirlo che in questo Paese la civiltà è altro, non un pallone di cuoio, ma una palla di volgarità e delinquenza. E conviene stare svegli, aspettando il domani che pure arriverà e proporrà ancora Roma e Napoli, l’una di fronte all’altra, gli uni contro gli altri. Eccoli qui i fatti del giugno 2001, basta andare a rovistare un po’ negli archivi e un po’ nella memoria per rivedere cosa accade al termine di Napoli-Roma, quando in palio c’era una salvezza (partenopea) e lo scudetto (giallorosso), quando Ciro era ancora poco più di un bambino, insomma, e osservava la vita incantato e tifava e sognava e sperava d’avere avuto solo un incubo.
Inizio secolo. Invece, lo dice la storia – con la minuscola, per pudore – 58 feriti, tra cui ventuno poliziotti, sei arresti, sedici denunce, scontri a cielo aperto intorno al San Paolo, teppisti che lanciano sassi sulle auto della Polizia, accoltellamenti, seggiolini che volano sul settore riservato agli ospiti, chiaramente lacrimogeni, un’auto dei Carabinieri in fiamme come altre macchine di poveri Cristi qualunque e scooter di ragazzi diseredati del regalo di mamma e papà.
Il bis a fuorigrotta. E poi anche dicembre 2005, gli anni bui della C e quel pomeriggio da cani intorno alla caserma della Polizia di Fuorigrotta, assiedata: sempre Napoli-Roma, sempre la stessa teppa, sempre quel che non è stato colto per il 3 maggio e che ora, va da sé, bisognerà prevenire, perché non c’è cura. Ci sarà un altro campionato e ci saranno altre sfide e ci saranno nuove esigenze, piani d’ordine e chissà quant’altro: però intanto ci sono gli striscioni che compaiono e sembrano avvisi in codice facilmente leggibile, non servono i decodificatori per intuire quel che potrebbe succedere quando si ritroveranno.
Striscioni. Li hanno espo sti tanto di qua, quanto di là: nelle viscere d’ogni disperato delinquente c’è un moto di personale ribellione, un conto da far saldare, una vendetta da consumare. E il tratto da scorgere in questo futuro imminente è l’odio che s’è sedimentato e che viene esibito su lenzuola che annunciano il pericolo: il povero Ciro, ed era già tra la vita e la morte, è stato insultato da qualche mano demente per le strade della Capitale e persino alla stadio Olimpico, appena dopo gli incidenti e la tragedia; e le risposte sono comparse su Corso Vittorio Emanuele, a Napoli ancora adesso, a scritte cubitali, affinché fosse impossibile non accorgersi dell’aria che si respira: «Anni ‘70: bombe nelle piazze. 2014…pistole fuori agli stadi. 3-5-2014: romanista infame» .
Il cardinale. E saranno pure pochi, la minoranza rumorosa che sprigiona il peggio di sè, però sono segnali di fumo nei quali sarà indispensabile inoltrarsi, mentre il ditino avvierà il computer e gli chiederà il calendario della prossima stagione: Napoli-Roma (e viceversa) da evitare di notte, ma non solo quello, perché l’ha intuito il Cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe: «Faccio un appello soprattutto alle tifoserie a non lasciarsi andare a questi momenti di emozione per innescare delle bombe di violenza che potrebbero procurare tanti altri morti» . Una preghiera per chi governa il calcio, si cominci da loro.
Fonte: Corriere dello Sport
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