C’è da farsi poche illusioni; questo campionato può perderlo solo la Juventus. Ventiquattro giornate di campionato hanno dimostrato come al Napoli manchi ancora qualcosa per poter contendere alla pari con i bianconeri la conquista dello scudetto.
La partita con la Sampdoria, e ancor prima quella con la Lazio, hanno reso evidente, una volta in più, che le vittorie del Napoli sono strettamente legate a gare giocate a ritmi altissimi e/o ai colpi dei due/tre campioni di cui dispone. Venuti meno questi due fattori la squadra di Mazzarri scopre tutti i suoi limiti tecnici e, in parte, tattici.
La sconfitta subita all’Olimpico dalla Juventus ha evidenziato che anche la squadra di Conte attraversa un periodo di appannamento. Il Napoli aveva l’occasione di accorciare la distanza in classifica dai piemontesi e portare il distacco a soli due punti; disegnando uno scenario quasi decisivo per lo scontro diretto che andrà in scena il primo marzo allo stadio San Paolo.
La squadra di Mazzarri ha fallito tale occasione in maniera eclatante. Le imbarazzanti condizioni del manto erboso dell’impianto di Fuorigrotta ne hanno di certo limitato i tentativi di creare gioco ma il voler addossare a queste le cause del deludente pareggio finale pare più frutto della frustrazione di fine gara che di un’obiettiva analisi della partita.
Provando ad allargare lo sguardo alle ultime gare del Napoli ciò che appare evidente è che, aldilà delle considerazioni di natura tecniche e tattiche, il Napoli ha perso la qualità che da anni lo contraddistingue: la furia agonistica. E, per quanti sforzi si faccia, è impossibile trovare una ragione plausibile a questo cambiamento.
I calciatori azzurri appaiono molli e a tratti persino insolenti. Spesso in ritardo sulla palla e poche volte decisi nei contrasti, finiscono per soffrire anche al cospetto di squadre meno dotate da un punto di vista tecnico. Una squadra appagata da successi mai conseguiti.
Nelle condizioni attuali sarebbe lecito attendersi, al contrario, una squadra affamata di vittorie che aggredisce l’avversario dal primo all’ultimo minuto e non che si affanni per una mezz’ora in un concitato tentativo di far proprio il risultato.
EUROPA LEAGUE – Una considerazione a parte va fatta per la gestione dell’Europa League. Nella fase a girone ho condiviso la scelta di dare spazio alle riserve, anche se non nelle modalità decise. Il Napoli non aveva e non ha una rosa per schierare una seconda formazione in grado di onorare quella che rimane una competizione importante e che poteva dare lustro all’immagine del Napoli nel mondo. Nonostante l’evidente differenza d’importanza, non esiste solo la Champions. Con buona pace di De Laurentis.
Discorso differente per la fase a gironi in cui il Napoli avrebbe dovuto, e in parte l’ha fatto, semplicemente far riposare un paio di titolari affidandosi ai calciatori acquistati a gennaio. Rimane inspiegabile, ad esempio, l’aver riproposto un Donadel in pessime condizioni fisiche e mentali e relegare Radosevic in Primavera. Mi rimane più di un dubbio su questo modo di gestire i giovani.
Il Viktoria Plzen era un avversario di modesto valore ma ha dimostrato che nel calcio le motivazioni sono fondamentali. Gli uomini di Mazzarri hanno mostrato una sufficienza a tratti irritante. Le giustificazioni di una presunta volontà di uscire dalla competizione per concentrare tutte le forze sul campionato sono puerili quanto provinciali. Con un approccio simile non si costruirà mai una dimensione europea e si limiterà notevolmente l’appeal su calciatori di livello internazionale.
Il Napoli deve ritrovare già dalla trasferta di Udine la cattiveria agonistica che l’ha portata a competere per le prime posizioni in campionato e a ben figurare in Champions. L’obiettivo non è solo quello di provare ad agganciare la Juventus ma anche quello di salvaguardare il secondo posto dalla rimonta del Milan, sempre più convincente dopo l’operazione di svecchiamento della rosa. Non esistono giocatori troppo giovani, esistono giocare che hanno talento e giocatori che non ne hanno. Un’ulteriore indicazione per De Laurentis. Nei giovani si può investire se si ha il coraggio di farli giocare.
Pompilio Salerno
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