Dopo l’esaltante vittoria con il Dortmund, il Napoli affronta la difficile trasferta di Milano per provare a mantenere il primo posto in classifica. Per farlo sarà fondamentale gestire la pressione che l’esposizione mediatica dovuta all’ottimo inizio di stagione inevitabilmente porta con sé.
Il gioco è sempre quello: titoloni sui giornali, lunghi servizi per blandire questo o quel giocatore; fiumi di parole per spiegare che il Napoli è favorito, che può tagliare fuori il Milan dalla corsa allo scudetto. Se la banalità di certe tesi alla quarta di campionato non annoiasse a morte, verrebbe quasi la voglia di chiedersi che fondamento hanno. La vera prova di maturità per il Napoli inizia ben prima di entrare in campo.
LE INSIDIE FUORI DAL CAMPO – se l’evidenza dei fatti dice che il Napoli gode di un momento favorevole rispetto ai rossoneri, è innegabile anche che storicamente soffre l’atmosfera dello stadio milanese. Tant’è vero che non ci vince da ventisette anni e che spesso le partite a San Siro si sono caratterizzate per avvii molto timidi del Napoli, con la pressione che ha appesantito in maniera evidente le gambe dei calciatori azzurri (l’eccezione è quella del marzo del 2010, quando il Napoli partì bene, andò in vantaggio ma poi subì il pareggio e il ritorno rossonero, nda). Questione d’abitudine, di status. Imparare a gestire le vittorie è difficile almeno quanto metabolizzare le sconfitte in modo che si tramutino in motivazioni e non in depressione. Con una certa malizia, il calendario ha riservato agli azzurri, nell’ordine, quattro partite che nel recente passato si sono rivelate ostiche per il Napoli; quelle che con una certa imprecisione linguistica vengono definite “tabù”. Bologna, Chievo, Atalanta e Milan. Con ogni evidenza, quella con i rossoneri è la più difficile da superare, ma dalle parti di Castelvolturno “qualcosa è cambiato”, mutuando una citazione al Cinema tanto caro al presidente De Laurentiis.
Benitez sta rivoluzionando il Napoli dentro e fuori dal campo. Nuova la filosofia di gioco, nuovo l’approccio alle gare. Preparazione tattica, innovativi metodi d’allenamento, studio dell’avversario ma anche quella ironia così affine alla napoletanità ( “Difesa? Dobbiamo pensare prima ad attaccare e poi a difendere, ho parlato con il loro attaccante più pericoloso (Zuniga, ndr)”.“Vincere significa avere tre punti in più, poi sarebbe una bella notizia per il nuovo sito in cinese che parte oggi”).
I SIMBOLI DELLA RIVOLUZIONE – sono due i calciatori che meglio incarnano i fondamenti della rivoluzione beniteziana: HiguaÍn e Hamsik. L’acquisto sensazionale del mercato estivo e la conferma del leader carismatico della squadra partenopea.
HIGUAÍN – l’attaccante argentino è arrivato con la pressione di essere il più costoso acquisto della storia del Napoli e con il peso dell’eredità di Cavani. Le attese del pubblico e il curriculum che porta in dote avrebbero potuto enfatizzare l’egoismo che spesso fa le fortune degli attaccanti ma meno quello delle squadre. Higuaín invece ha ripagato l’allenatore – che così fortemente l’ha voluto a Napoli – con un atteggiamento completamente differente dal suo illustre predecessore. Ha messo a disposizione della squadra le sue doti tecniche e la sua intelligenza tattica. Movimenti ad aprire gli spazi, assist e consigli ai compagni. E goal, tutti importanti. Tutti decisivi. Si sente leader Higuaín, non ha bisogno di essere l’unico finalizzatore della squadra e i compagni gli riconoscono il ruolo di guida proprio per quest’umiltà che nel passaggio dal Real Madrid al Napoli era tutt’altro che scontata.
HAMSIK – la leadership dello slovacco è meno recente di quella di Higuaín. Da anni Hamsik si conferma tra i migliori centrocampisti d’Europa e con Benitez sembra stia compiendo l’ultimo, definitivo, salto di qualità. Ad oggi è forse l’unico giocatore insostituibile della squadra di Benitez. L’allenatore ne è consapevole e prova a sfruttare le sue qualità per migliorare anche il piglio dei suoi compagni. Il Napoli è sempre più consapevole dei propri mezzi e il carisma dell’allenatore ha permesso di abbandonare l’atteggiamento contrito degli anni passati, dichiarando i propri obiettivi senza scadere nella presunzione. Hamsik, da capitano in campo qual è (a Cannavaro va riconosciuto il titolo di capitano del gruppo, per attaccamento e storia), ha rotto gli indugi e in una recente intervista ha dichiarato con forza che il Napoli non può più nascondersi. “Siamo in sei per lo scudetto, ma nell’ambiente c’è la consapevolezza che quest’anno possiamo fare qualcosa di grande. Segno di più rispetto al passato perché Benitez mi fa giocare da seconda punta. Con Mazzarri abbiamo fatto grandissime cose, ma lo spagnolo ci ha dato una nuova dimensione: ora non aspettiamo più gli avversari, siamo noi ad attaccare”. In poche parole il senso di un cambiamento radicale.
LE INSIDIE DEL CAMPO – la nuova consapevolezza non basterà da sola a far vincere lo scudetto. La vittoria passerà da partite come quella di stasera. Il Milan non vive un momento di gran forma ma ha valori tecnici importanti, soprattutto in attacco, e in casa riesce spesso a strappare risultati positivi al di là della prestazione. Allegri è un tecnico preparato e ha pronte soluzioni tattiche prese appositamente per affrontare la squadra di Benitez. La considerazione che il Napoli si è guadagnato implica che anche le grandi del nostro campionato adatteranno il proprio gioco alle caratteristiche degli azzurri, provando a sfruttarne i punti deboli.
Oltre ai colpi di Balotelli, tra i pochi top player del nostro campionato, il Napoli dovrà stare attento alla rapidità di Robinho, le capacità da finalizzatore di Matri e la fisicità del centrocampo milanista. I rossoneri attenderanno il Napoli in casa propria, la rivoluzione di Benitez passa anche da partite come questa.
Servizio a cura di Pompilio Salerno
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