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Napoli, quante occasioni sprecate. Adesso è il momento di blindare la Champions

I SO’ PAZZ -E che è Pino Daniele? Pazzo, lecitamente geniale, però istrionico e talvolta bislacco: è il Napoli che non t’aspetti, un profilo elevatissimo che poi evapora, finisce in bollicine, resta un’incompiuta. Ma c’è il solco, c’è l’autorevolezza d’una organizzazione palpabile, che ora si scontra con le amnesie dei singoli o anche del collettivo e che, per le prospettive, sembra rappresentare lo zoccolo duro sul quale continuare a poggiare il codice-Benitez: 4-2-3-1, ma avendo padronanza delle distanze, riuscendo a dominar se stessi nei momenti-chiave e dunque sotto porta (altrui), capitalizzando ciò ch’è indiscutibilmente la Grande Bellezza, i movimenti d’una fase offensiva che pure con la Fiorentina a tratti (soltanto a tratti) ha incantato.
GOL & GOL -C’è una macchina (quasi) perfetta nella sua trazione anteriore, è un’industria del gol che viaggia a pieno ritmo: 53 in campionato (uno in meno della Roma, dodici in meno della Juventus), 24 in giro per l’Europa, dispensati attraverso ben dodici giocatori che a modo loro formano una cooperativa; ma il double face comprende le trenta reti subite (undici più della Juventus, sedici più della Roma) e certi vuoti di memoria nello spartito che spalancano dei buchi nella fase difensiva. Saranno gli equilibri da scovare nel bel mezzo della mediana e tra le linee o sarà anche la necessaria ricerca di ulteriore qualità: però in Europa tredici gol sono serviti per accendere la spia azzurra dell’allarme e riavvivare intimisticamente il sospetto che i primi e più urgenti interventi debbano essere concentrati proprio dinnanzi a Reina.
ESTEROFILIA –

C’era il San Paolo, una volta: però due sconfitte e quattro pareggi hanno smaterializzato il mito del fattore campo, trascinandolo nella normalità, depotenziandolo un pochino; ma le contraddizioni in termini di questa vita nuova (la difesa a quattro e poi pure, praticamente, quattro attaccanti di vocazione; ma anche la riscrittura di certi atteggiamenti, il respiro internazionale attraverso alcuni accorgimenti personalizzati) infondono ottimismo attraverso gli otto successi fuori casa ed una proprietà di palleggio, una padronanza della grammatica calcistica che spinge ad indugiare, a concedersi una rilettura tra le pieghe d’una stagione che sa di primavera. Esistono ancora le mezze stagioni, eh sì. Però c’è un futuro almeno.

Fonte: Corriere dello Sport

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