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Napoli, non chiamiamola sfortuna!

La partita contro l'Inter lascia agli azzurri la spiacevole sensazione che manchi sempre qualcosa per compiere il salto di qualità

La partita di domenica sera a San Siro per il Napoli rischia di essere l’emblema di questa stagione: un’occasione persa. I calciatori di Mazzarri tornano dalla trasferta di Milano con tante azioni non sfruttate, una partita dominata per larghi tratti ma nessun punto.
Una gara giocata con tanta autorevolezza su di un campo difficile come quello dei nerazzurri farebbe pensare ad un Napoli in salute, a cui solo la cattiva sorte e qualche errore di mira hanno negato la soddisfazione di venir via dall’impianto milanese con qualche punto, anche più di uno. Eppure, a guardar bene, c’è poco da invocare la cattiva sorte.
Il Napoli è responsabile di ogni sua mancanza. Contro un’Inter timorosa e remissiva gli azzurri hanno pagato il solito errore su calcio d’angolo e lasciato all’Inter la possibilità di giocare di rimessa. Situazioni tattiche che, oltre al goal del raddoppio, però non hanno portato altre occasioni per la squadra milanese, schiacciata dalla reazione dei calciatori partenopei.
Le difficoltà di marcatura sui calci piazzati sono da troppo tempo il punto debole della retroguardia napoletana per non rilevare la responsabilità dello staff tecnico nel non porvi rimedio. Nonostante il bello schema della squadra di Stramaccioni – che schiera ben sei calciatori sul primo palo, con due che escono repentinamente dall’area portando via due difensori e lasciando spazio all’inserimento di Guarìn, rimasto in isolamento sul lato opposto – è impensabile che la difesa del Napoli lasci un calciatore della pericolosità del colombiano libero di battere a rete. La squadra che difende su calcio d’angolo è sempre in superiorità numerica (per l’assenza del portiere avversario, nda); lasciare completamente libero un attaccante avversario è un errore tattico e di concentrazione imperdonabile e che in partite di vertice può costare la sconfitta e vanificare una buona prestazione, proprio come successo a Torino.
Anche la partita dell’Inter lascia l’amaro in bocca ai tifosi napoletani e la spiacevole sensazione che alla squadra di De Laurentiis e Mazzarri manchi sempre poco per fare il definitivo salto di qualità. Sulla qualità del gioco degli azzurri ho scritto molte volte in passato. Il Napoli guidato da Mazzarri non esprimerà mai, per limiti dell’organico e idee tattiche dell’allenatore, padronanza nel palleggio e coralità nelle azioni d’attacco. Il Napoli fonda l’essenza del suo gioco e delle proprie vittorie sull’intensità e sui ritmi alti. Grande pressing, perfetta copertura degli spazi e organizzazione nelle ripartenze. Per attuare al meglio un sistema di gioco di questo tipo è però essenziale una condizione fisica ottimale. In una stagione densa d’impegni come quella del Napoli è perciò essenziale poter contare su ricambi validi, in grado di far rifiatare i titolari in difficoltà e tenere sempre alta la competizione nel gruppo.
Proprio su questo punto emergono tutti gli errori e le contraddizioni di società e allenatore. Il Napoli di De Laurentiis vanta un’ossatura di squadra solida ma, a causa di sessioni di calciomercato condotte in maniera sbagliata, presenta ancora buchi nella rosa e un livello tecnico non omogeneo. Sperare che i soli Cavani e Hamsik possano portare a termine una stagione di vertice è una vana illusione e un errore che la società azzurra non può permettersi. Per non rischiare di vanificare una stagione in cui le squadre di vertice, pur viaggiando a ritmi alti, non sembrano essere in grado di staccarsi in classifica in maniera decisiva. Per rilanciare le ambizioni di vertice del Napoli a gennaio occorre acquistare tre calciatori: un centrocampista con capacità d’impostazione e d’interdizione, un’esterno sinistro (meglio ancora se capace di giocare su entrambe le fasce) e un attaccante centrale di fisico e buona tecnica.
Non tornerò sulle scelte di Mazzarri nella gestione del gruppo e delle gerarchie tra i calciatori che l’allenatore toscano reputa pronti e quelli che rimangono – a dispetto delle qualità individuali e della tendenza in voga nei campionati di tutta Europa, Italia compresa – “giovani di belle speranze”, mi limito ad osservare che se a Vargas e/o El Kaddouri non viene data occasione di dimostrare le proprie qualità anche in campionato al cospetto di un Pandev in pessime condizioni fisiche vuol dire che Mazzarri ha reso definitiva ed immutabile la propria scelta di privilegiare il curriculum vitae alla carta d’identità.
A risolvere un altro equivoco tra società e allenatore potrebbe involontariamente concorrere la possibile squalifica di Cannavaro e Grava per le vicende della tentata combine di Gianello in Sampdoria-Napoli. Venissero a mancare per squalifica i due calciatori azzurri, dovrebbero necessariamente trovare spazio Fernandez – titolare della nazionale argentina ma inspiegabilmente oggetto misterioso nel Napoli – e Uvini, il cui ambientamento si può considerare concluso a cinque mesi dal suo arrivo in riva al golfo. Lasciarsi andare ad altri esperimenti tattici come Aronica centrale pur di non schierare calciatori giovani in cui il Napoli ha investito soldi e speranze sarebbe segno di un ostracismo non giustificabile sotto nessun punto di vista.
Il Napoli deve riprendere ad investire con coraggio e programmazione sul proprio futuro, che va ben oltre quello del rapporto con l’attuale allenatore. Per il Napoli è venuto il momento delle scelte decise: puntare al vertice o fare con quel che si ha, sperando nella buona sorte…
Una chiosa che trovo doverosa è quella sugli arbitraggi. Per coerenza e amore della verità c’è d’ammettere che, a differenza di quanto accaduto in passato, nelle ultime tre partite il Napoli è stato oggetto di errori arbitrali che l’hanno favorito. Nelle partite con Cagliari e Pescara sembrano netti i due falli da rigore a sfavore del Napoli; e se quello nella gara col Pescara è ininfluente sul risultato finale, discorso diverso si dovrebbe fare per il fallo di Gamberini nella gara con i sardi. Anche nella partita di ieri sera ci poteva stare il rigore per i nerazzurri e la seconda ammonizione per Berhami. Errori che di certo non mutano né risolvono la questione arbitrale in Italia, ma che di certo sono elementi essenziali per un giudizio più equilibrato su di un problema importante. Fermo restando che l’opinione di chi scrive è che la giustizia sta nel provare a eliminare con ogni mezzo possibile, tecnologia in primis, gli errori arbitrali, non nel fantasioso e opinabile equilibrio tra errori contro e a favore. Chi non opera in questa direzione non fa il bene del calcio ma tenta di tutelare interessi diversi. 
Pompilio Salerno
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