Il Grande Appuntamento è lì che aspetta, è una di quelle date che sul calendario sono segnate con triplo cerchio rosso: tra otto giorni al San Paolo contro l’Arsenal sarà in gioco il futuro napoletano in Champions. L’attesa è già cominciata tra segnali confortanti e qualche rinnovato allarme. Essere più contenti per la vittoria ritrovata oppure delusi per le occasioni sprecate in Italia e in Europa? Questo è il dilemma del Napoli tornato di fatto l’anti-Juventus in campionato proprio grazie alla vittoria sulla Lazio all’Olimpico. Un esempio di maturità filtrata, però, attraverso qualche errore assolutamente da non ripetere né contro gli inglesi, né contro l’Udinese, né tantomeno contro avversari che finora sono costati tantissimo alla classifica.
TITOLARISSIMO. Il termine venne coniato con un ardito volo lessicale, ma rendeva benissimo l’idea di Mazzarri; tra titolari e riserve esiste una terza categoria: gli indispensabili o, se preferite, gli intoccabili. Coloro di cui non puoi fare a meno, come in quel Napoli accadeva con Cavani-Lavezzi-Hamsik, una ditta più che un trio. Senza uno dei tre, era un’altra cosa, una squadra normale. Gonzalo Higuain non varrà per tre, ma pesa tantissimo. È la certezza indubitabile nel credo di Benitez, l’imprescindibile, e non solo per i gol che spesso sono di bellezza rara e straordinaria efficacia. Lotta per gli altri, si sacrifica, copre una zona di campo vastissima. Caratteristica insolita per un attaccante, anche se a Napoli il precedente di Cavani aveva abituato male gli osservatori e i tifosi. Ma Higuain resiste ai paragoni, soprattutto grazie a prodezze come quelle realizzate nella notte romana. Due reti che sono un campionario delle sue qualità: scelta del tempo giusto e potenza. In Europa (oltre che in Italia) sono doti che ti iscrivono di diritto nel club dei grandi, dei titolarissimi appunto. Sostituirlo, in questo Napoli, è praticamente impossibile, applicare la teoria del doppione necessario in ogni ruolo con lui avrebbe un costo quasi impossibile. Zapata o, all’occorrenza, Pandev possono essere solo delle controfigure, e non per loro colpa.
MARATONETI. Alle sue spalle non è che se la passino comoda: i tre che supportano la prima punta hanno la responsabilità creativa del gioco, ma devono anche dare una mano alla coppia di centrocampisti che fa diga in mezzo al campo. Un lavoro logorante che costringe a un irrinunciabile turn over. Basta rileggere le formazioni schierate in tutta la stagione, tra serie A e Champions, per verificare la frequenza delle sostituzioni operate dall’allenatore: l’esempio più chiaro di quanto funzioni la teoria del doppione. Il settore è un circolo perfetto dove si alternano Callejon e Pandev, Mertens e Insigne, aspettando solo che Hamsik (uno dei titolarissimi di Mazzarri) ritrovi forma ed estro. Un lusso che poche squadre possono concedersi, un’eccellenza costruita con sapienti mosse di mercato. Proprio quelle mosse che ora si preparano per gennaio, il momento giusto per riparare a qualche affanno emerso in altre zone.
UN AIUTO PER LE GUARDIE. Nessuno ha mai calcolato la quantità di palloni recuperati in ogni partita da Behrami. Ne uscirebbe un numero da Guinness che regalerebbe al capo delle guardie svizzere un titolo da primatista mondiale. Spesso il problema viene dopo, quando c’è da ripartire. Le soluzioni non sono infinite, anzi molte volte finiscono subito, ancor prima che la palla giunga alla linea dei tre guardiaspalle di Higuain. Portare la croce costa una stramaledetta fatica ed espone a critiche severissime. Inler e Dzemaili hanno meno occasioni di quante non capitassero loro in passato e il lavoro diventa poco divertente. Soffrono questa condizione, meritano assistenza e qualche ricambio: Gonalons e Song i nomi che soffiano da settimane, scelte e investimenti dipenderanno moltissimo da quel che accadrà contro l’Arsenal. L’intervento sarà comunque necessario, insomma una questione di nomi, con Benitez ultimo giudice e sentenza affidata a Bigon per l’esecuzione. Di altri cambiamenti non se ne parla, gli ultimi minuti contro la Lazio con i tre svizzeri schierati tutti insieme sono stati quasi un obbligo e non l’anticipazione di una futura riforma tattica. Magari per garantire ulteriore copertura si penserà ad altro.
INDIFESI. Così i più esposti diventano i difensori. Sono in quattro, ma sembrano pochissimi qualche volta. Non è un’illusione ottica, ma il risultato di cali di concentrazione che non hanno spiegazione razionale. Gli infortuni occorsi a Mesto e Zuniga hanno costretto a modifiche assolutamente rinunciabili. Al centro la coppia perfetta – tra Albiol, Fernandez, Britos e Cannavaro – ancora non è stata formata, all’esterno le caratteristiche dei singoli non sempre collimano con le esigenze della squadra e la tipologia degli avversari. Lo spazio concesso al giovane talento Keita in occasione del secondo gol laziale è quasi un paradigma delle difficoltà accusate: ogni replica sarebbe difficilmente riparabile. Armero nella fase difensiva non è irresistibile, ma sulla fascia in questo momento non ha alternative. Un altro intervento non differibile, in attesa di convalescenze da completare e preparazioni da rifinire. Di tempo per pensare ne resta poco, c’è un’impresa da realizzare. Senza rinforzi. Il futuro verrà dopo.
Fonte: Il Mattino
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