“La classifica marcatori della Serie A, attualmente, tra fenomeni e vecchi lupi di mare del nostro campionato, presenta un’unica sorpresa: Hirving Lozano. Chi avrebbe immaginato che in tre partite giocate il messicano avrebbe segnato 4 gol?
Lozano è stata una delle più grandi delusioni della scorsa stagione di Serie A, forse la più grande. Arrivato come l’acquisto più costoso della storia del Napoli, aveva deluso le aspettative su tutti i livelli possibili. Ci aspettavamo un’ala frizzante e dribblomane, un potenziale incubo per i difensori della Serie A; è arrivato un giocatore caotico e boccheggiante senza spazi. Persino il suo carisma è sembrato essersi rattrappito: un giocatore arrivato col soprannome glamour di “Bambola assassina” è sembrato insicuro e spaesato.
Lozano con la maglia del PSV era fuori scala per il campionato olandese: la sua media gol era quella di un numero 9, 35 in 60 presenze, più di uno ogni due partite. Questo nonostante partisse spesso lontano dalla porta: il suo calcio era una meravigliosa espressione di dominio individuale – di velocità, tecnica, astuzia – rispetto alle difese avversarie. La sua spregiudicatezza, il suo stile senza compromessi, sembrava una buona idea per il Napoli. Una squadra ricca di giocatori dal talento associativo, con un senso spiccato della tattica individuale, ma che aveva bisogno di calciatori che saltassero l’uomo, e che si mettessero in proprio nel momento di generare vantaggi.
Comprare un giocatore offensivo dal campionato olandese, però, presenta sempre lo stesso rischio e la stessa domanda: come si comporterà quello stesso giocatore a provare le stesse giocate in spazi e tempi ridotti?
Lozano sarebbe stato un’espressa richiesta di Ancelotti – che mesi prima dell’acquisto aveva detto “Mi piace da morire”. Secondo Auriemma Ancelotti avrebbe voluto farlo giocare punta centrale, un ruolo in realtà mai ricoperto e che appare in contraddizione con le caratteristiche di Lozano. Alla fine la scorsa stagione ha giocato poco e quasi mai da titolare: 8 volte con Ancelotti, appena due da quando è arrivato Gattuso. Nel sistema fluido dello scorso anno, che richiedeva ai giocatori di muoversi continuamente e di aggiustare la posizione in relazione ai compagni, Lozano doveva elaborare troppe informazioni. Il tecnico, in più, lo aveva tolto dalla sua comfort zone, quella esterna, per farlo giocare spesso in spazi centrali, addirittura in posizione di punta. La sua idea, probabilmente, era quella di provare a sfruttare al massimo gli istinti di Lozano vicino l’area di rigore. Ha finito però per restringergli troppo gli spazi e i tempi per le sue giocate.
Lozano ha interpretato il ruolo di punta con la sua solita attitudine frenetica e iper-verticale, un acceleratore della manovra. Partendo però sempre palla al piede, o anche senza per andare oltre la difesa, tendeva a spezzare e ad allungare troppo la squadra. Un problema soprattutto per un Napoli che amava attaccare in modo posizionale. In più in area di rigore non aveva un set di smarcamenti da vero numero nove.
Gattuso ha fatto tornare la squadra al 4-3-3 ma in un modulo in teoria più adatto alle sue caratteristiche Lozano ha giocato persino meno. Al massimo entrava dalla panchina in situazioni già compromesse per provare a disordinare le difese avversarie: in quelle situazioni il caos, la sua naturale entropia, era solo un vantaggio per la sua squadra. È forse interessante notare che nella classifica dei giocatori che più migliorano la produzione di xG del Napoli la scorsa stagione Lozano è il primo. Un dato che più delle capacità di Lozano ci racconta dei frangenti delle partite in cui era inserito, con il Napoli sbilanciato in avanti.
Gattuso non sembrava quindi fidarsi di Lozano, che a un certo punto si è anche lasciato andare a un melodrammatico sfogo su Instagram («Nessuno apprezza i miei sforzi»). Durante il calciomercato il club ha provato a sostituire Callejon prima con Cengiz Under e poi con Boga, mentre Lozano era finito sul mercato. Si parlava addirittura della possibilità che Ancelotti potesse riprenderselo all’Everton. È quindi notevole il fatto che quest’anno Gattuso abbia pensato il suo Napoli con lui al centro. Se Lozano sta rendendo così tanto, con una media di più di un gol a partita, è perché la squadra sembra maggiormente cucita sulle sue caratteristiche. O meglio: l’assetto offensivo della squadra pare fatto apposta per nascondere i difetti che abbiamo visto lo scorso anno.
Nelle 3 partite giocate quest’anno il messicano è tornato esterno, partendo due volte a destra, nel ruolo che era di Callejon. Nel 4-2-3-1 di Gattuso in fase di attacco posizionale i due esterni rimangono molto larghi, con Mertens che si muove tra le linee e Osimhen lasciato solo come terminale offensivo. Il Napoli se lo può permettere per la capacità del nigeriano di coprire tanto campo con una gran varietà di movimenti, orizzontali e soprattutto in profondità. Mertens parte dal centro ma spesso si defila a creare densità sulla sinistra, dove il Napoli va a costruire il lato forte. A quel punto Lozano e Osimhen minacciano il lato debole.
Lozano sta asciugando il proprio gioco, toccando pochi palloni ma in posizioni più avanzate e spesso con più spazio. Oppure arrivando direttamente a concludere tagliando sul secondo palo – ha già segnato due gol aspettando la palla dietro l’ultimo difensore. Gli sono state tolte responsabilità creative ampie e può concentrarsi nella definizione dell’azione. È il giocatore del Napoli, dopo Osimhen, a toccare meno palloni ogni 90 minuti. Nell’ultima partita contro l’Atalanta ha giocato invece a sinistra e la situazione è leggermente cambiata. È il ruolo più naturale di Lozano, quello su cui ha costruito la sua efficacia offensiva nei suoi anni in Olanda. Con la maglia del PSV il suo classico movimento a rientrare da sinistra verso il centro lo ha segnalato al mondo. Un movimento in cui la sua frequenza di passo sembrava semplicemente troppo alta per essere gestita dai difensori quando correva verso il destro: un trucco.
Contro l’Atalanta con un movimento simile, anche se semplificato dal cattivo schieramento della difesa avversaria, ha segnato il suo secondo gol. A sinistra Lozano rimane più a suo agio: è più pericoloso, più vario e imprevedibile. Mentre a destra può solo correre lungolinea, a sinistra può aiutare la squadra in più modi e minacciare i difensori con più tracce di corsa.
Va detto che oggi Lozano sembra semplicemente un giocatore più sereno, e anche più attento nella partita. Gattuso lo ha definito «in crescita sia fisica che mentale. Lo scorso anno di testa non era al meglio, qualche volta cadeva a terra come un ragazzino. Ora invece è cambiato, quindi lo spazio che gli sto dando se lo merita». Ora che è in fiducia sbaglia anche meno, nonostante rimanga un giocatore impreciso, che sbaglia più dribbling di quanti gliene riescano. Un giocatore mai troppo naturale nel gioco di appoggi e nei primi controlli bruschi, corretti spesso dalla sua esplosività. Eppure un giocatore con una presenza interessante nella partita: sempre elettrica, nervosa. In grado di dare sempre la sensazione di pungere la squadra avversaria; anche nelle giornate più impalpabili, oscure e caotiche, può trovare un singolo momento di grandezza, un singolo strappo in grado di piegare gli eventi di una partita. Tutto considerato, Gattuso sembra aver trovato il modo di mettere in luce questo grande pregio, scendendo a patti con l’imprecisione, e a volte con l’inconsistenza, di Lozano.
La sua parabola dovrebbe farci riflettere sul valore che diamo alla stagione di un giovane arrivato in Serie A. Da una parte diamo per scontato che debba adattarsi a un campionato nuovo, a un ambiente culturalmente diverso, ma d’altra parte non resistiamo alla tentazione di dare un giudizio definitivo dopo qualche mese negativo. Non intendo solo noi come opinione pubblica; anche chi nel Napoli doveva prendere decisioni sul futuro di Lozano ha cercato di cederlo in estate, rimangiandosi il grande investimento fatto poco prima. Lozano rimane un calciatore peculiare, nonostante alcune sue qualità siano troppo evidenti per essere ignorate: il suo rendimento finora è un altro grande merito di Gennaro Gattuso, che ha lavorato su di lui mentalmente e ha capito dentro quale abito tattico può riuscire a rendere al meglio”.
Fonte: l’Ultimo Uomo.
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