Sette aprile-venti maggio. Dalla Lazio alla Juve. Dal campionato alla finale della coppa. Sei settimane da raccontare, ma soprattutto da vivere molto intensamente per il Napoli e il suo popolo del tifo. Praticamente, una trasferta lunga un mese e mezzo. Dall’Olimpico all’Olimpico per dare un senso compiuto alla stagione e per mettere in cornice, il progetto azzurro ovviamente è questo, il primo trofeo dell’era De Laurentiis. Proprio così: Roma e il suo stadio – che prima di chiamarsi Olimpico si chiamò stadio dei Cipressi e poi dei Centomila – incrocio di storie e di speranze.
SI PARTE – Si comincia stasera e già la posta in palio è niente male. Lazio-Napoli, infatti, è spareggio Champions. Vale, cioè, quel terzo posto che quest’anno è pure l’ultimo ad aprire la porta del salotto buono del pallone. Foss’anche la porta di servizio, quella che passa per il corridoio dei preliminari. E in cinquemila, forse più, forse molti di più, si muoveranno fin da stamattina con destinazione Olimpico. Una migrazione di tifo e di passione per sostenere la squadra di Mazzarri arrivata, se si vuole, alla resa dei conti con il campionato. Perché, è evidente, con la Lazio sopra di tre punti, solo una vittoria può rimettere il Napoli in linea con la Champions. Quindi: due risultati buoni per la Lazio e uno solo per gli azzurri decisi e anche costretti ad essere sfrontati, forse tatticamente esuberanti, di sicuro coscienti che non possono più permettersi errori e fatali distrazioni contro quell’eterno giovanotto che è Eddy Reja. Guarda caso, giusto contro quell’allenatore che aveva in panchina l’ultima volta che è riuscito, in trasferta, ad aver ragione della Lazio: 26 ottobre del 2008, autorete di Siviglia e vittoria degli azzurri. Tre dei quali, combattenti e reduci, saranno in campo anche stasera: Aronica, Hamsik e Lavezzi. In verità ce n’è pure un quarto: Pandev, il quale, però, quel giorno era dall’altra parte.
PROVA GENERALE DI COPPA – Lazio-Napoli andata e ritorno, dunque. Ma sarà solo un anticipo, una prova generale dell’altro esodo che si va già preparando. Perché tra sei settimane, il 20 maggio, il Napoli e l’Olimpico si rivedranno un’altra volta. Finale di coppa Italia. Avversario storico e una bacheca vuota che chiede vendetta. Da troppo tempo il Napoli non porta a casa nulla. Ma il 20 maggio, perché l’incantesimo si spezzi, non in cinquemila ma in trenta-trentacinquemila invaderanno l’Olimpico di Roma. Forti anche d’una antica, felice tradizione: delle tre coppe vinte sino ad oggi, infatti, due il Napoli le ha vinte proprio a Roma e proprio in quello stadio pure allora riservato alle finali: nel ’62 contro la Spal (2-1, gol di Corelli e di Ronzon, allenatore Bruno Pesaola) e nel 1976 contro il Verona (4-0, autorete di Ginulfi e poi gol di Braglia e doppietta di Savoldi, allenatore Alberto Delfrati). Campionato e coppa Italia, dunque. Tutto in sei settimane che saranno anche le sei settimane più lunghe della breve, recente storia azzurra. Storia tutta da vivere e da raccontare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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