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Napoli, la doppia sconfitta con il Bologna apre qualche serio quesito sul futuro

Per capire Napoli-Bologna di Coppa Italia, bisognerebbe prima chiarire cosa ha fatto di male Mazzarri a Pioli e perché Kone ce l’ha col Napoli: cinque sconfitte e un pareggio per il tecnico azzurro contro quello ex-Chievo, mentre Kone è alla seconda prodezza consecutiva al “San Paolo”, dopo quella di soli tre giorni prima in mezza rovesciata. Giustificazioni statistiche e battute a parte, gli azzurri hanno ceduto ancora una volta al Bologna, fallendo la rivincita anche contro la squadra-B dei romagnoli, infarcita di giovani e riserve. Nulla da dire: a tratti gli ospiti inscenavano trame e palleggi degni del Barcellona, senza contare il già citato eurogol di Kone (non male anche la rete di Pasquato). Il Bologna è in gran forma, ma il Napoli ha fatto il massimo per lasciar esprimere al meglio i rivali. Dopo il vantaggio firmato come sempre da Cavani, già nel primo tempo gli azzurri hanno commesso il solito errore, quello di sedersi e cedere campo. Al pareggio del Bologna, il Napoli ha provato a reagire ma non è riuscito ad alzare il baricentro, producendo offensive prive di profondità e contropiedi falliti grossolanamente. Ma il difetto più palese – e già più volte da noi sottolineato in sede d’analisi tattica – è che l’undici di Mazzarri continua ad essere troppo lungo e sfilacciato, a causa di una scarsa dedizione alla corsa, sia in ripiegamento che nelle ripartenze, tutt’altro che veloci. Nel dettaglio, preoccupanti gli sbagli in occasione delle reti bolognesi: Dossena che inciampa goffo sul prevedibile dribbling di Pasquato, Kone che calcia in comoda solitudine da fuori area (altra ricorrenza frequente) per il gol della vittoria. Anche i cambi di modulo di Mazzarri non funzionano più: con l’ingresso di Zuniga per Fernandez si è passati a una sorta 4-4-2 a rombo, con quello di Insigne per Dossena a un 4-2-1-3 che ha generato qualche pericolo, infranto però su Stojanovic, sul palo e sugli errori di Pandev.

È un dato di fatto che la sconfitta sia arrivata contro una squadra non solo di livello inferiore, ma anche priva di quasi tutti i titolari. Non come la formazione di Mazzarri, che invece ha deciso di impiegare ben sei dei suoi migliori, se si conta anche Campagnaro. Non una gran soluzione in verità, se si osserva la combinazione scelta per la difesa: Britos è stato preferito a Uvini, giocando al fianco di Fernandez a comporre una coppia molto lenta e macchinosa nel trio arretrato. Non a caso, entrambi sono stati ammoniti molto presto per trattenute dovute al ritardo sugli avversari, giovani e veloci quali sono Pasquato, Paponi e lo scatenato Kone. Senza contare la serie di distrazioni di Fernandez, che hanno tolto sicurezza al reparto e creato pericoli ai suoi. Pochissimo meglio gli altri dal centrocampo in su: sempre molto imprecisi, poco affiatati, poco inclini al gioco di squadra.

Parlando dei singoli, Dossena quest’anno è riuscito ad inanellare una serie di prestazioni disastrose, mentre Mesto, pur onesto e volenteroso, non ha ottimi piedi. E non si può dire il contrario di Zuniga. Maggio sembra aver perso se stesso, e allora sembra ormai suicida pensare di trascurare il problema delle fasce in sede di mercato a gennaio. Tanto più alla luce del freschissimo sorteggio di Europa League, decisamente favorevole al Napoli, che potrebbe anche pensare di investire più energie sulla competizione continentale per inseguire un obiettivo di certo prestigioso e in fondo meno proibitivo del tanto nominato scudetto.

Restano da valutare altri elementi che, anche come seconde scelte, sembrano inadeguati: Donadel continua a resistere massimo mezzora, senza comunque esibire granché, né in palleggio né in interdizione; El Kaddouri è l’unico che ha fatto vedere qualcosa di buono, ma resta lezioso e poco incisivo nei momenti-clou; Vargas ormai non gioca nemmeno più gli scampoli di partita o i match secondari. Una serie di segnali un po’ allarmanti per una squadra penalizzata anche dalla Disciplinare, perdendo due giocatori e due punti in campionato.

A cura di Lorenzo Licciardi

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