Com’eravamo e come siamo cambiate: ottantatrè giorni per ritrovarsi occhi negli occhi, da una primavera appena sbocciata a un’estate ormai matura (e caldissima). Guardandosi, scrutandosi, per indovinare le differenze, piccole o grandi: e ce ne sono stati di movimenti. Perché a Pechino si arriva da un lato senza il pinturicchio e dall’altro senza il Pocho, e hai detto niente: Ma, allo stesso tempo, ci si arriva con la testa già parzialmente sgombera di loro, di storie che restano impresse nella pelle e nella memoria, di veroniche sudamericane e vecchi scudetti e d’arsenico spazzato via sotto al tappeto.
Bentornata Juve, bentrovato Napoli: e dopo poco più di due mesi da quella notte magicamente partenopea, con Madame che conosce l’aspro sapore della sconfitta, sembra quasi d’essere finiti in un altro mondo, anzi è proprio così, visto che la Cina è un universo sconfinato che finisce per inghiottire il 20 maggio e trascinare oltre, al di là della realtà.
GLI ADDII – Ma c’è un filo di nostalgia che resiste, nella Pechino che macina le ore e però conduce comunque all’Olympic Sports Center o al Worker Stadium, in quello Sheraton in bianco & nero o nell’Hyatt tinteggiato d’azzurro: ci sono le ombre di Alessandro Del Piero e quella di Ezequiel Lavezzi che s’allungano e s’accorciano, che compaiono e poi scompaiono, che rievocano -ognuna per sé- ciò che è successo ancor prima del 20 maggio e della coppa Italia.
MERCATO – Bene, brave e bis: sabato ritocca ancora a loro, le due padrone d’una stagione da incorniciare, nella loro mise d’ordinanza, la Juventus che pare miss Italia, di tricolore addobbata, e il Napoli che le sta al fianco, un trofeo finalmente in braccio, a venticinque anni di distanza; e con loro, rispettivamente, Giovinco e Armero, (simbolicamente) Isla e Lucio; e però anche Behrami e Gamberini, e (perché no?) Donadel e poi Insigne. La sintesi delle strategie è in quella ricerca d’uno sviluppo inseguita battendo sentieri diversi: Madame appare spendacciona, si riprende a peso d’oro i prodotti della personalissima «cantera», insegue le griffe, magari il vintage; e De Laurentiis, avendo già dato con i dodici milioni per Vargas, sposa il minimalismo, sfrutta l’ingegno per soddisfare le necessità, si tiene Pandev e poi esibisce il gioiellino della propria bottega artigianale di Castelvolturno.
STATI D’ANIMO – Il venti maggio rimane vivo nei ricordi d’una Napoli ricomparsa prepotentemente sulla scena del grande calcio e però a distanza è mutato lo scenario bianconero, rimasto intrappolato tra i veleni di un estate che sta diventando sempre più rovente, che lascia in apnea Bonucci e Pepe, che scuote Conte e, complessivamente, quasi annebbia la vita, finendo per scolorire quel trionfo da invitti. Sono le scorie d’un processo che s’addensa come una nube su Pechino e quasi si confonde con quella lastra pallida che oscura il cielo; e però, undici chilometri più in là, rimane l’euforia per essere riusciti a farcela, per aver arricchito la bacheca e trascinato Napoli sin dentro l’Oriente ed i suoi profumi anche calcistici.
PROGRAMMA – Ottantré giorni per ritrovarsi, sfidarsi ancora, ma stavolta partendo quasi alla pari, perché ad agosto è impossibile lasciar pendere l’ago della bilancia da una parte anziché dall’altra: e però qualcosa è mutato, pur nelle strategie di preparazione, nel menù d’avvicinamento alla sfida. La “Vecchia Signora” s’è presentata a cinque giorni dalla sfida e, manco il tempo di scendere dall’aereo, s’è tuffata in campo per una doppia seduta; il Napoli ha deambulato nell’incertezza creata per l’organizzazione (poi fallita) della “Dragon Cup” ed infine ha deciso di sfidare i rischi del fuso orario presentandosi appena centootto ore prima del match: nessun dorma, perché pure stavolta il pathos è nell’aria.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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