Napoli – Juventus è la madre delle partite. Quella che tutti i tifosi azzurri aspettano ogni anno. La possibilità di giocarsela a viso aperto contro i primi della classe. E’ una sfida che richiama molta gente: chiunque vorrebbe accaparrarsi un tagliando per assistere all’evento. Ed è proprio qui che voglio soffermare la mia analisi. Da giornalista, ho voluto trascorrere una giornata tra i tifosi e vivere la passione in modo genuino. Ho scelto la curva B Superiore, unico settore disponibile il 30 dicembre alle ore 12:00. La vendita era cominciata due ore prima.
Parcheggio su viale Kennedy e mi dirigo verso l’impianto. Parcheggiatori abusivi e vigili pronti ad approfittare della situazione che manco a dirlo. Proseguo. Arrivo nei pressi della Curva A e vengo travolto dall’entusiasmo di gente in fila, speranzosa più che mai. Bandiere e fischietti di bimbi mi inteneriscono e mi strappano sorrisi. “Guagliò, oggi vincimmo!”, chi mi vende il caffè Borghetti mi congeda così. E rivolgo lo sguardo in alto. Chissà perchè. La curva B non è lontana, ma ci sono i distinti da superare. Altro mare di gente, altra fila lunghissima. Passa l’auto del presidente De Laurentiis, molti salutano. Qualcuno fischia. La curva B non è lontana. La scorgo ma qualcosa attira la mia attenzione. Non c’è quasi nessuno. Poche persone in fila. “Strano”, penso tra me e me. “Sarà quella inferiore”. Invece no. Ero al posto giusto. Mi metto in fila e in meno di un minuto mi controllano il biglietto e la patente di guida. Ecco che subito il responsabile mi dice di gettare la bottiglietta. Consapevole di non essere MacGyver, resto inizialmente sorpreso dall’invito fattomi, per poi gettare la bottiglietta nel cestino. L’attenzione del responsabile viene poi attirata da un uomo che era dietro di me in fila. “Mi avevi detto che eri da solo“, risponde infastidito. “Lo so, ma poi sono voluti venire anche loro”, totale di quattro persone. Avrei voluto dire qualcosa ma a poco sarebbe servito. Gettata la bottiglietta, uno steward comincia a tastarmi ovunque. E ribadisco ovunque. Qui sbotto e gli dico di smetterla, avessi voluto creare casini di certo non sarei entrato da solo!
Ultimo ostacolo, il tornello. Qui, un tale sulla quarantina mi chiede “Fra, posso entrare con te”. Avrei potuto anche qui fare qualcosa, ma se gli era stato permesso di mettere piede dentro, a nulla sarebbero servite le mie proteste. “Sono figlio unico, comunque trase’ (entra)”. Le scale le salgo velocemente, c’è Pino Daniele che canta a tutta forza e non voglio perdermi un solo istante. Il mio entusiasmo è subito smorzato. Non c’è un posto libero. Nemmeno uno! Un solo sediolino rosso (rosa in verità), che fosse vuoto. Erano le 19:05, i cancelli erano stati aperti da nemmeno un’ora, o forse no? Qualcuno deve spiegarmi come sia stato possibile riempire un settore in così poco tempo. Qualcuno deve spiegarmi perchè negli altri settori c’era una fila di decine di metri, mentre in curva B Superiore si entrava in meno di 60 secondi. Qualcuno deve spiegarmi a cosa serve trattarmi da potenziale terrorista se poi all’interno dello stadio esplodono bomboni e petardi. Chi mi dice perchè io, in possesso di regolare biglietto, non ho trovato posto? Che mai mi sia passato di cercare il mio sediolino, ma un altro pensavo di trovarlo.
Caro presidente, ho buttato giù queste righe cercando di convogliare tutto il mio malessere e disagio. Un disagio che ho provato io e come me, tante altre persone.
Solo lei può regolare questa situazione o fare rapporto a chi di dovere. A che serve limitare i settori se poi i responsabili della sicurezza permettono le infiltrazioni?
Non mi soffermerò sull’esito del match e sul risultato finale. Tutti lo conoscono. Mi soffermo, piuttosto, sull’utilizzo dei social. Anziché rivolgersi a Twitter per esternare il proprio disappunto, non sarebbe preferibile farlo in diretta tv? Tempo fa, disse che gli arbitri avrebbero dovuto metterci la faccia a fine partita. “Sacrosanto” fu il mio commento. Presidente, non crede che una società cresca anche migliorando la propria comunicazione? Gli stessi Agnelli e Marotta lo fanno; Sabatini e Garcia. Perchè non il Napoli? Se il nostro paese permette ad un allenatore francese, arrivato in punta di piedi (non me ne voglia Rudi Garcia), di cambiare in meno di un anno la propria indole e il proprio carattere, a cosa serve mantenere l’aplomb di un profilo basso?
Se lo stesso Benitez abbandona il solito stile British, lasciandosi andare ad esternazioni ironiche e pungenti, a cosa serve non alzare la voce?
C’era una volta lo stile Juve … adeguiamoci a quello attuale!
Francesco Gambardella
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