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Napoli-Juve, tra campionato e coppe è sempre un conflitto totale

Da Pechino el fuorigioco di Caceres, Napoli-Juve è sempre una gara dalle mille polemiche

«Guerra e pace»: perché la madre di tutte le partite porta in sé – prima, durante e dopo – l’essenza d’una rivalità radicata e inestirpabile, una contrapposizione calcistica (e forse non solo) che affonda nel passato e si proietta (statene certi) nel futuro. E’ Napoli-Juventus e ciò che resta è un’encinclopedia con pagine ingiallite dal rancore ma comunque riproducibili a oltranza, perché accadrà – e certo che sì – e lascerà quel retrogusto amaro. Ieri, oggi ma anche domani, senza aver bisogno d’andare a leggere nel pallone di cuoio, evitando di buttarla nel manierismo di facciata: non si prendono, c’è poco da fare, non sono fatte l’una per l’altra e non riusciranno a vivere, nei pressi della sfida, felici e contenti.

TERZO MILLENNIO. La storia contemporanea (per non scomodare gli antenati) rinasce nel settembre del 2000, in un San Paolo che s’è appena reimposessato della serie A e si ritrova, per il battesimo, una «Vecchia Signora» più cinica che spettacolare: finisce 2-1, dirige Pierluigi Collina, all’epoca il principe del fischietto, al quale non viene risparmiato un attacco frontale per un (presunto) rigore, su contatto Conte-Vidigal. L’oblio dura un bel po’ e sette anni dopo non è cambiato assolutamente nulla: stavolta è 2-1 Napoli, con due rigore concessi da Bergonzi contro Madame, è l’ira bianconera racchiusa nei fermimmagine sui contatti incriminati.

LE OMBRE CINESI. C’è una tregua inaspettata, una sorta d’armistizio favorito anche da partite che si sviluppano prive di macchia, ma quando il gioco si fa duro – a Pechino, finale Supercoppa Italiana – duramente ci si rimette a duellare. La corrida del «Nido d’uccello» è scatenata da Mazzoleni di Bergamo, comprende espulsioni (Pandev e Zuniga in campo, Mazzarri dalla panchina), omissioni ed un campionario che appartiene a chiunque, agli assistenti di linea e agli arbitri d’area (Rizzoli e Tagliavento): finisce male, con la Juventus che fa festa ed il Napoli che evita accuratamente di presentarsi sul palco, per la premiazione.
RIECCOLI. E’ da lì che si riparte, in maniera frontale, senza esclusione di colpi o di tweet, la nuova frontiera della comunicazione: ma se all’andata (3-0 in bianco & nero) la sintesi dello scontro è nella rete di Llorente («irregolare» per ventuno centimetri) al ritorno (2-0 in azzurro) lo scambio di cortesia raggiunte vette apicali: stavolta, Marotta (l’ad) e Luigi De Laurentiis (il primogenito del presidente) non se le mandano a dire ed alla stoccata proveniente da Torino («siamo rimasti perplessi dalla grande euforia, quasi con enfasi da provinciale: è riduttivo per lo stesso blasone del Napoli tutto ciò; i diciassette punti di distacco ci stanno tutti»), i centoquaranta caratteri di risposta sono spille nei fianchi, al corpo, alla figura («Marotta grande ignorante: confonde il cuore d’una città unica come Napoli per un’euforia da provincia»). Ma quando ancora Tagliavento (assistente numero uno, il guardalinee a cui sfuggono Chiellini e Caceres sul 2-1, è Di Liberatore) sembra in atto un’autentica «svolta» che invece è momentanea, passeggera: a Doha il clima temperato e natalizio aiuta probabilmente a svelenire Napoli-Juventus e ad evitare qualsiasi tackle dialettico. Sembra l’inizio d’una nuova era: è un’oasi nella tormenta.

Fonte: Corriere dello Sport
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