NAPOLI – Il piccolo diavolo che attraversa, imperterrito, l’universo calcistico, è uno scugnizzo a diciotto carati che s’è messo i sogni nel cartone e li sta portando in giro per l’Italia. La valanghina azzurra che demolisce ciò che incrocia – e che da Foggia a Pescara se n’è andata sino a Vaduz con l’Italietta a far danni a modo suo – è in realtà una pallottola «appuntita » da evitare con cura e l’arma letale del football del futuro, della Napoli che lancia il suo sguardo ben oltre il proprio naso, è un « fenomeno » da analizzare al microscopio, dopo averne apprezzata la composizione in quel laboratorio più unico che raro del professore Zeman. Il nuovo che avanza a suon di gol è un genietto normodotato, un metro e sessantaquattro per sessanta chili, ma quel Lorenzo Insigne extra large nei numeri – diciannove reti nella sua prima stagione a Foggia; due, condite da sette assist ora a Pescara; doppietta e ancora due assist nel debutto con l’Under 21 – è una scarica di fantasia sulla Napoli che di suo già sogna e che ora, dal buchino della serratura, spera di aver trovato il Lavezzi del futuro.
TALENTO ANNUNCIATO – Vent’anni spesi tra dribbling e veroniche, tunnel e sfacciataggine: il talento che il Napoli scova all’interno del suo settore giovanile, in tempi non sospetti, è di assoluto riguardo e la vetrina del debutto in A (24 gennaio 2010, a Livorno) è un’investitura ma anche una responsabilità verso se stesso, che Insigne riceve da Walter Mazzarri prima di approdare alla Cavese. La svolta è però nell’aria, perché a Foggia si sta impiantando la fresca edizione di Zemanlandia, e quando arriva la richiesta d’un boemo capace di esaltare le qualità sommerse di quel trequartista con le fattezze di un esterno (a sinistra o a destra, non c’è differenza).
PERCHE’ PESCARA – L’Insigne che ora spopola a livello internazionale, che a Vaduz s’è permesso il lusso d’un pallonetto da metà campo dopo aver visto il portiere fuori dai pali, arriva a Pescara dopo una stagione di apprendistato con Zeman, una sequela di prodezze, diciannove gol ed una qualificazione play- off strappata dai piedi. E’ l’estate del 2011 quando arriva l’ennesima telefonata a Bigon, che prospetta la possibilità di allungare lo stage con il 4-3-3: «Pure stavolta, e s’è scritto, c’erano molte società, anche di serie B, interessate al ragazzo. E pure in questa circostanza, non c’è stata la minima perplessità: ci capitava, di nuovo, la possibilità di consegnarlo a quel tecnico che lo aveva svezzato, che già ne conosceva i pregi e i difetti e che poteva ulteriormente migliorarlo. E’ stato semplice annuire e dare un senso alla strategia che si nasconde dietro un’operazione: in questo caso, siamo stati avvantaggiati, ma non abbiamo mai avuto la tentazione di cederlo altrove, anche in presenza di offerte pur allettanti ».
IL POCHO CHE VERRA’ – La (piccola) peste che s’aggira, minacciosa, tra i campi della B è un folletto che ingolosisce e le misure da formica atomica non rappresentano pregiudizio: da Foggia a Pescara e poi di corsa all’Under 21, tra slalom e sogni, il viaggio di Lorenzo Insigne è dolcemente accompagnato da accostamenti ingombranti, da paragoni audaci, elusi con un colpo di tacco: piccolo è bello.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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